
Una donna promettente
Regista
Emerald Fennell
Genere
Commedia , Drammatico , Thriller , Women Directors
Cast
Carey Mulligan, Bo Burnham, Alison Brie
Sceneggiatore
Emerald Fennell
Produttore
FilmNation Entertainment, Focus Features, LuckyChap Entertainment
Durata
113 min
Offerte
Data di uscita
11 marzo 2021
Una donna promettente: l’esordio scoppiettante della regista Emerald Fennell
Presentato al Sundance Film Festival, coraggioso esordio alla regia di Emerald Fennell, l’opera Una donna promettente apre una serie di recensioni dedicate ai film candidati agli Oscar 2021. La pellicola, che non è riuscita a portarsi a casa nessun premio durante i Golden Globe, approda alla cerimonia del 25 aprile con quattro candidature: miglior film, regia, attrice protagonista, sceneggiatura originale e montaggio. Tutte, ci sentiamo di dire, meritate.
La vendetta è un piatto che va servito dolce e zuccherato
Cassie è, a prima vista, una fallita. Ha lasciato i suoi studi di medicina e a trent’anni si ritrova senza aspettative o ambizioni, bloccata a casa con i suoi genitori, impiegata in un bar. Questa, però, non è l’unica attività della ragazza. Cassie, ogni settimana, si reca in un club e si finge totalmente ubriaca. Aspetta che un ragazzo, un “bravo ragazzo”, le si avvicini con l’intento di portarsela a letto, approfittando del suo evidente stato di incoscienza. Solo che Cassie non solo è perfettamente cosciente, ma è anche del tutto spietata e in cerca di vendetta. Una donna promettente è, infatti, un revenge movie atipico, confezionato con tinte pastello e sfumatura di commedia nera. Un mix di generi ed intenzioni che non de-potenzia il messaggio finale: una critica a pensieri, preconcetti e pregiudizi che permettono e giustificano chi pratica sesso non consensuale con individui incapaci fisicamente di opporsi. In poche parole, analizza e distrugge la cultura dello stupro. Anche se questa parola, “stupro”, nel film, non viene mai pronunciata.
Un’ottima sceneggiatura a servizio di un messaggio potente
Ripudiati il didascalismo e la retorica, la sceneggiatura (scritta dalla stessa Fennell) è realistica e concreta come un pugno in faccia. Allo spettatore non viene spiegato nulla, niente è detto con toni paternalistici. Il marcio viene solo mostrato. Davanti ai nostri occhi si susseguono una sfilza di colpevoli di varia natura e intensità: chi l’atto lo ha compiuto, chi lo ha protetto, chi è vittima, suo malgrado, del sistema, chi si è macchiato di omertà. Tutti loro vengono messi davanti all’evidenza. Da prima negano, ripetono parole e frasi che tanto spesso abbiamo sentito. Parlano di “ragazzate”, di donne che gridano “al lupo” e poi pretendono di essere credute, si appellano al beneficio del dubbio, si autodefiniscono “nice guys”, persone per bene. Piccole pugnalate, frecciatine, che espongono un modo di pensare maschilista, ormai del tutto metabolizzato, silente, ma incredibilmente nocivo. Poi Cassie ribatte. Logica, razionale, fa in modo che il carnefice diventi vittima, che sia messo davanti alle sue incoerenze. Non attacca mai verbalmente, alle provocazioni risponde con pungenti domande poste con tono accondiscendente. Lascia che sia il suo interlocutore a contraddirsi, che affronti in prima persona le conseguenze del suo modo di ragionare. Cassie è sveglia, meticolosa, arriva facilmente a conquistare lo spettatore, che non può che tifare per lei, nonostante i suoi metodi poco ortodossi.
Dolce e spietata: Cassie, l’anti-eroina femminista
Cassie è la punta di diamante di una scrittura valida ed efficace. Un’anti-eroina credibile, una donna che le circostanze hanno portato a una lucida ossessione, ma che rimane un personaggio verosimile, con scrupoli, tentennamenti, passi falsi. Ruolo che doveva essere di Margot Robbie, ma che è andato alla più affabile Carey Mulligan, che porta a casa, senza alcun dubbio, la miglior interpretazione della sua carriera. La sua Cassie è ambigua, dall’aspetto dolce e comprensivo anche quando la sua bocca si riempie di malvagità e frecciatine. Colpisce con il sorriso, attacca con finta ingenuità. Una purezza estetica che probabilmente sarebbe mancata a Margot Robbie, ma che la Mulligan trasmette alla perfezione. Mangia caramelle, si veste di sfumature tenui e abiti floreali, si presenta alle sue “vittime” sempre come vulnerabile. Emerald Fennell sembra volerne esaltare il candore in ogni inquadratura che le dedica, fino a ritrarla come una santa, salvatrice delle nostre anime peccatrici.
Lo sguardo e la penna di Emerald Fennell
Emerald Fennell ha di certo una visione e uno stile. Ricorda Wes Anderson per la simmetria delle composizioni e i colori pastello, discostandosi, però, dal suo lato fiabesco e giocoso. La regista è più pragmatica, più spigolosa. Dà il suo meglio quando incornicia la Mulligan, quando ne segue le linee del corpo, quando le gira attorno, vorticando. Firma un’opera di esordio femminista e femminile, che sprigiona girl power, ma che non risparmia il gentil sesso nella sua spietata lotta al pregiudizio. La scrittura è superba nei dialoghi, più zoppicante nella struttura e nel procedere del racconto, che a volte si concede delle svolte non perfettamente credibili, ma di certo funzionali alla narrazione. Il finale, allo stesso tempo spietato ed equilibrato, ci permette di perdonarle anche queste sbavature. Di evidente e apprezzabile, c’è il suo coraggio. Fennell sceglie come opera prima un film che è un azzardato agglomerato di generi, un’arma a doppio taglio che la regista maneggia abilmente, capace di bilanciare l’apparente innocenza delle immagini e l’irriverenza delle azioni messe in scena. Anche la colonna sonora pop e giocosa è, a tratti, ambigua. La sequenza pseudo-romantica accompagnata da Stars Are Blind di Paris Hilton ne è un esempio: scene di vita di coppia che la musica rende ironiche, poco credibili e quasi parodistiche.
Commento finale
Una donna promettente è un film incredibilmente esplicito nelle intenzioni. Emerald Fennell ha indirizzato ogni sua frase e ogni sua scelta narrativa al messaggio che voleva trasmettere. Un’opera manifesto, che non si vergogna di essere tale, ma che non dimentica di intrattenere. Qualcuno potrebbe trovare la sua candidatura agli Oscar una mera mossa politica. Per noi è un positivo segnale di cambiamento, con la speranza che film del genere possano trovare sempre più spazio nel mercato cinematografico.
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Recensione di: Matilde Tramacere.

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Trivia
- Un messaggio importante veicolato in maniera intelligente.
- Carey Mulligan in pieno stato di grazia.
- Estetica giovanile e fresca.
- La colonna sonora è forse piaciona, ma di sicuro di effetto.
Goofs
- Alcuni colpi di scena risultano forzati..
- La narrazioni a capitoli è un di più che non aggiunge nulla alla pellicola.
- Sconsigliato ai convinti maschilisti, la doccia fredda che ne deriverebbe potrebbe risultare poco gradita.