Light of my life
6.6/10

Light of my life

Regista

Casey Affleck

Cast

Casey Affleck, Anna Pniowsky, Tom Bower, Elisabeth Moss

Sceneggiatore

Casey Affleck

Produttore

Teddy Schwarzman, Casey Affleck, John Powers Middleton

Durata

119 min

Offerte
Data di uscita

2019

Un uomo nasconde nei boschi la propria figlia, unico essere femminile rimasto in vita sulla Terra dopo una violenta pestilenza, e cerca di proteggerla dai pericoli che la minacciano.

light of my life

INTRODUZIONE

Il cinema è un mezzo. Uno strumento artificiale ed artistico. Poi si passa al metodo, alla morale e alle interpretazioni sulle strade che la pellicola intraprende, portando a risultati cercati o meno dall’artista. Light of my life prende varie strade, ma solo una è quella che con grande probabilità ha la priorità su altri: la perdita. Solo poi arriva la metafora all’attualità. Sta a noi fruitori comprendere cosa valga la pena estrarre da un prodotto come Light of my life.
Qui di seguito cercherò in ogni modo di convincervi a vedere questa piccola delicatezza artistica, ma stando cauti su cosa ben soffermarsi rispetto ad altro. Cosa realmente vale la pena imparare dalla cinepresa immobile di Casey Affleck.

TRAMA DI LIGHT OF MY LIFE

Son passati circa dieci anni dall’estinzione quasi totalizzante delle donne. Una piaga non ben precisata ha colpito la popolazione femminile, uccidendole e condannando gli uomini a vivere in un mondo in rovina, senza futuro. Tra i sopravvissuti ci sono un padre (Casey Affleck) e la undicenne Rag nata nell’anno in cui tutto finì, immune misteriosamente alla piaga (Anna Pniowaky). Il padre (il cui nome rimarrà indefinito) costringe la figlia a rimanere estremamente cauta, nascosta e lontana dalla civiltà di uomini rimasta. La difenderà con tutto sé stesso, conoscendo la violenza animalesca che potrebbe comportare la conoscenza del suo segreto. In una continua fuga, padre e figlia rafforzeranno sempre più un rapporto reso complicato da uno mondo ferito e condannato.

ANALISI DI LIGHT OF MY LIFE

PADRI E FIGLIE

Casey Affleck dirige, scrive ed interpreta Light of my life. Senza ombra di dubbio è un’opera voluta e desiderata dall’artista. Un film che parla di donne, ma dal punto di vista maschile. Una visione che celebra l’importanza femminile nel mondo, senza però la sua presenza fisica. Questo è quello che banalmente potrebbe bastare ad una minima analisi. Ma Light of my life è in realtà ben altro. Il film parla di padri e figli, il rapporto naturale intrinseco in ognuno di noi.

light of my life

Narra anche di possessione, protezione, amore e paura. Affleck è particolarmente bravo proprio in questo. Basti parlare del prologo: un dialogo tra il padre e la figlia, in un long shot stabile e che ci dà la possibilità già di comprendere a pieno un rapporto rassicurante. Non comprendiamo ancora però il contesto. Ci troviamo insieme ai protagonisti in quella che poi si confermerà essere una tenda nel mezzo di un bosco. La pellicola passa poi all’esterno, il mondo fuori. Man a mano che passano i primi minuti, notiamo come la protettività verso la figlia attraversi momenti alterni, dall’obiettivo pedagogico (una sorta di Captain Fantastic) a quello di pura sopravvivenza, in cui il segreto stesso vale come morire per esso.

PASSATO E PRESENTE

Tutto questo visto dagli occhi del protagonista maschile. Un uomo che si può definire “fortunato tra gli sfortunati”. Capiamoci. In primis è fortunato per essere un uomo, le donne non esistono più; ha l’effettiva fortuna di avere con sé l’ultimo superstite della sua famiglia, che è probabilmente la cosa maggiormente importante. Nonostante tutto però è sfortunato: la figlia sta per crescere, comincia a comprendere la sua identità, ma per questo ne ha paura, forse più del padre. Il genitore questo lo sa, lo teme poiché comporterebbe maggior rischio e quindi un maggiore attenzione e possessività.

Lui ha perso (poi ne parliamo), ma HA ancora. “Possiede” la probabile unica superstite ad una peste sterminatrice. Diviene chiaro come però non sia ciò a spingere il protagonista ad agire nei metodi protettivi e proibitivi nei confronti di Rag. Lui non vede una possibile cura, un possibile futuro di salvezza attraverso l’immunità. Egli rivede solo la compianta moglie, deceduta come le altre.

La pellicola del 2019 ci conferma questa tesi attraverso una mescolanza tra passato e presente uniforme e ben congeniata. Affleck ci narra gli ultimi istanti della moglie e madre (una sempre convincente Elisabeth Moss). Sarà quando, grazie ad un istante a cui va fatta attenzione, dagli occhi del padre vediamo come Rag sia per lui non altro che quella luce che solo la compagna emanava.

Un amore quindi guidato da questa luce, che nonostante faccia pensare a quella lanterna che guida e protegge Rag dalle oscure presenze (per Affleck la violenza istintiva degli uomini), in realtà è quella luce che il protagonista ha già visto spegnersi in precedenza.

light of my life

FORMULA, METODO…

Light of my life è un film sulla paura della perdita, mischiato con il rapporto genitoriale e la violenta natura umana. Tante cose contestualizzate in un mondo post apocalittico meno fantastico e horror di altri visti in precedenza. Bisognerà attendere le ultime battute perché ci venga mostrato la violenza che ci si aspetta, da un genere la cui formula è composta soprattutto da questo.

È il metodo che fa la differenza. Casey Affleck ci presenta sì un mondo futuro distopico e distrutto, ma l’utilizzo di un realismo spinto al massimo rende il tutto più verso un dramma duro e commovente. Un metodo attento alla precisione di dettagli, con una quasi totalizzante mancanza di movimenti di camera. Sicuramente il punto più forte di Light of my life è proprio questo. L’assenza di movimento lascia spazio ad una ricca presenza di primi piani, campi totali e medi. In questo modo rimaniamo fermi anche noi, in stanze claustrofobiche.

… E RITMO

Da questa scelta stilista di Affleck (per la seconda volta nei panni di regista) risulta un film da un ritmo altalenante. Probabilmente questa sua mossa è quella più rischiosa. Un ritmo che sale e scende, da momenti di calma e tensione, fino all’atto di violenza nel finale.

Una calma che però a lungo andare può risultare fin troppo lenta. Se non fosse per le interpretazioni convincenti, risulterebbe un ritmo lontano da un coinvolgimento più intimo dal già passivo spettatore. Potrebbe sembrare a volte essere in una sala d’attesa a tribulare per un po’ d’azione, uno degli elementi che si cercano di più in questo genere.

Un uso del realismo trattato bene, ma al limite dal definirsi “troppo”. L’epilogo può soddisfare in tal senso, ma anche qui, ci si sarebbe potuto aspettare di più.

La fotografia è un altro elemento ben caratterizzante. L’uso di colori spenti porta alcune sequenze a sembrare quasi in bianco e nero. Manca molto la luce del sole, lasciando spazio ai grigi delle nuvole. Tutto accompagnato da una musica quasi impercettibile, ma sorella gemella delle situazioni narrate. Un grande potenziale quello di Light of my life, ma un’ insieme ancora da maturare per raggiungere livelli ancora superiori.

CONCLUSIONE

Che altro dire sulla seconda pellicola di Casey Affleck. Sicuramente diverso dal primo “progetto” realizzato con Joaquin Phoneix in Io sono qui del 2017. Si potrebbe anche definire il vero primo film di Affleck se vogliamo, o per lo meno l’avvio di uno stile che magari riprenderà in futuro, anche lontano magari da uno dei generi più abusati dei tempi.

Light of my life è una pellicola che si fa mostrare e sentire con piacere, ma che magari potrebbe anche risultare chiara e soddisfacente con la prima visione, senza farci sentire in esaltazione per una seconda. Non esagera nel suo messaggio, ma raggiunge quasi il limite dall’essere figlia dei nostri tempi e “cerotto” hollywoodiano dopo gli scandali Weinstein e la nascita del movimento #METOO. Un uso del realismo che convince, ma soprattutto un premio alle due interpretazioni convincenti ed emotive dei due attori protagonisti. Una pellicola, infine, che consiglio di vedere con occhi attenti sì, soffermandosi in particolare sulla delicatezza delle inquadrature e la spontaneità delle conversazioni, in un rapporto padre-figlia sconvolto dal mondo ferito circostante.

RECENSIONE A CURA DI: LORENZO GENNA.

 

 

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7

Buono

Trivia

  • Buona interpretazione di Affleck e della giovane Anna Pniowaky
  • Ottimo uso delle inquadrature, con una quasi totale mancanza di movimento
  • Realistico e con un ritmo lento…
  • Buona sceneggiatura e dialoghi mai banali…
  • Rapporto padre-figlia ben contestualizzato alla narrazione
  • Ottimo montaggio temporale, con flashback ben inseriti e mai di troppo
  • La scelta del dramma familiare unito al post apocalittico funziona…

Goofs

  • …ma al limite dall’esserlo “troppo”
  • …vicino, però, al risultare “film cerotto” degli ultimi anni hollywoodiani
  • ...ma potrebbe rendere la pellicola lontana da alcuni standard di genere richiesti dal pubblico