
Il processo ai Chicago 7
Regista
Aaron Sorkin
Genere
Drammatico , Storico , Thriller
Cast
Eddie Redmayne, Sacha Baron Cohen, Jeremy Strong
Sceneggiatore
Aaron Sorkin
Produttore
Dreamworks Pictures, Amblin Partners, Aperture Media Partners, CAA Media Finance, Cross Creek Pictures, Double Infinity Productions, MadRiver Pictures, Marc Platt Productions, Paramount Pictures, Reliance Entertainment, Rocket Science, ShivHans Pictures
Durata
129 min
Offerte
Data di uscita
16 ottobre 2020
Il processo ai Chicago 7, il courtroom drama scritto e diretto da Aaron Sorkin
Torniamo a parlare degli Oscar, torniamo a parlare di film politici e sociali, torniamo a parlare di Netflix. Il 16 ottobre 2020 arriva sulla piattaforma il secondo film realizzato dal famoso sceneggiatore Aaron Sorkin che per l’occasione dirige un cast d’eccezione. Sei candidature all’Oscar, un Golden Globe alla sceneggiatura già intascato, Il processo ai Chicago 7 è di certo uno dei film dell’anno.
Tutto il mondo ci guarda.
Ci sono i processi civili e i processi penali. Non esiste una cosa chiamata processo politico. È un concetto che spesso viene ripetuto durante la pellicola. Eppure le varie udienze che si sono svolte contro i “7 di Chicago” sono facilmente identificabili come processi alle ideologie. I sette leader politici di sinistra (più Bobby Seale, membro delle Pantere Nere) furono incriminati (e poi prosciolti) per sospetto incitamento alle proteste che si svolsero a Chicago in vicinanza alla Convention Nazionale Democratica del 1968. Proteste che sono state represse dalla polizia con la violenza, la brutalità e il sangue. A valutare il loro caso, un giudice estremamente di parte, ostile, razzista e con manie di potere, che ha portato avanti non solo il processo più lungo della storia americana, ma anche uno dei più ingiusti.
Un pezzo di storia americana ancora attuale
Ancora una volta, l’America si racconta e porta in scena un pezzo del suo vissuto. Una storia che è sporca di sangue: sangue dei militari caduti durante la guerra del Vietnam e sangue dei pacifisti che hanno protestato contro di essa. Una vicenda che, nei messaggi e sottotesti, è ancora tristemente attuale. Resa disponibile poco prima delle elezioni, la pellicola si presenta quasi come un dito medio alle recenti dimostrazioni di violenza poliziesca e all’operato del presidente uscente Donald Trump. Il processo ai Chicago 7 non nasconde la sua anima politica, ne fa, anzi, sfoggio. Non bisogna conoscere attentamente i fatti per seguire il film, non è necessaria una pregressa conoscenza dei partiti politici schierati o dei governarti al potere. È storia americana che può essere compresa da tutti e che non risulta mai tediosa o pesante, ma che anzi, intrattiene e affascina.
Passato e presente si richiamano e rincorrono continuamente in questo courtroom drama. In una modalità che ricorda molto quella di The Social Network (scritto anche questo da Aaron Sorkin), ricostruiamo la vicenda attraverso le parole degli imputati che raccontano ciò che è accaduto. Uno splendido montaggio incornicia e organizza le testimonianze: il ritmo è serrato, l’andamento è fluido, i flashback si intrecciano con il presente dell’udienza. Grazie a una dialettica impressionante e a un’ottima ironia dei personaggi, l’aula di tribunale assume quasi l’aspetto di un palco teatrale, dove, ad uno ad uno, i protagonisti di questo triste episodio prendono il loro spazio per raccontare la propria versione (e visione) dei fatti.
Grandi nomi, grandi interpretazioni
Protagonisti interpretati da un cast stellare, che avrebbe meritato una nomination collettiva, di massa. Ufficiale solo quella di Sasha Baron Cohen, attore sottovalutato, perfetto nel ruolo dell’hippie Abbie Hoffman, dissacrante e sagace pacifista. Stupisce anche Eddie Redmayne, quasi totalmente privo dei suoi soliti tic e dei suoi sorrisi storti che dà (sorprendentemente) il meglio di sé quando si arrabbia e grida. Yahya Abdul-Mateen II, dopo la serie di Watchmen, punta sempre di più a diventare un nome di punta ad Hollywood e qui mostra di avere tutte le carte in regola per riuscirci. Ma forse quelli che più si distinguono in mezzo a queste interpretazioni di alto livello, sono Mark Rylance e Frank Langella. Il primo è un avvocato che ancora vuole credere alla giustizia, che mal cela la sua rabbia per un processo ingiusto, che abbassa lo sguardo, ma batte i punti e colleziona una serie di oltraggi alla corte. Il secondo è il giudice, quello che è poi stato indicato come “inqualificabile” dai suoi colleghi. Mellifluo, altezzoso e arrogante, è un personaggio che si fa odiare facilmente, reso potentissimo dal contegno spocchioso e dallo sguardo altero di Langella.
Le grandi capacità di scrittura di Aaron Sorkin
La forza di questi personaggi non risiede solo nelle interpretazioni, ma anche in come sono stati scritti. Aaron Sorkin è un nome che aspiranti sceneggiatori e amanti dell’arte oratoria dovrebbero imprimersi nella mente, per poi documentarsi e recuperare qualsiasi cosa presenti la sua firma. Lo scambio di battute che riesce a creare ha dell’impressionante, il modo in cui i due piani temporali si alternano è scorrevole, genera un incastro perfetto. In un film enormemente corale, dona lo stesso spazio ad ogni personaggio e non solo. Ognuno di loro è diverso dall’altro, risponde in modo differente, ma sempre con frasi d’impatto ed ironiche. Caratterizzati in maniera incontestabile, tutti i personaggi de Il processo ai Chicago 7 ci sembrano estremamente reali. Il tifo per loro nasce spontaneo, come anche l’indignazione per il trattamento che hanno subito. È difficile rimanere impassibili.
Un film pensato per piacere e ammaliare
In questo, Il processo ai Chicago 7, mostra la sua forza e la sua debolezza. L’intenzione di trascinare lo spettatore dentro la storia, di colpirlo ed emozionarlo, è palese, tanto palese da rendere il film, a tratti, facilone e retorico. La dinamica che ci viene posta davanti è quella dei buoni e simpatici protestanti calpestati dai grossi e cattivi poteri forti. Ed è vero che sono stati tutti dichiarati innocenti, ed è vero che Abbie Hoffman era un intrattenitore con la battuta pronta che diede spettacolo durante le udienze, ed è vero che gli imputati hanno subito un processo ingiusto tenuto da un giudice incommentabile. Ma tutto sembra piegato e forzato per piacere allo spettatore, per farlo ridere e divertire di una storia che nulla avrebbe di divertente. Aaron Sorkin costruisce la vicenda per renderla il più affascinante possibile, anche la sua regia si piega a questo intento, rimanendo discreta, poco appariscente. Pieno spazio ai dialoghi accattivanti e ai buoni sentimenti, lo spettatore deve essere ammaliato.
Commento finale
E alla fine se ne esce ammaliati. Perché analizzando a mente fredda, sì, questo film è fin troppo di parte, romanza eccessivamente fatti realmente accaduti, calca sul sentimentalismo. Però incanta, intrattiene, tiene con il fiato sospeso. È un’opera che non può lasciare indifferenti, che regala grandi emozioni e per questo si fa perdonare questa esagerata esternazione di buoni sentimenti. Il processo ai Chicago 7 è un film popolare, creato per essere apprezzato dalle masse e fa più che egregiamente il suo lavoro, essendo di intrattenimento anche parlando di temi come il razzismo, la guerra, l’ingiustizia giuridica e la brutalità poliziesca.

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Recensione di: Matilde Tramacere.

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Trivia
- Cattura, ammalia, diverte.
- I dialoghi ironici e serrati di Aaron Sorkin.
- Cast eccezionale.
- Un montaggio fluido e d'impatto.
Goofs
- Regia poco memorabile.
- Tanti buoni sentimenti e una storia molto romanzata, per quanto fedele ai fatti.