
I predatori
Regista
Pietro Castellitto
Genere
Commedia , Drammatico
Cast
Massimo Popolizio, Manuela Mandracchia, Giorgio Montanini, Pietro Castellitto
Sceneggiatore
Pietro Castellitto
Produttore
Fandango, Rai Cinema
Durata
109 min
Offerte
Data di uscita
22 ottobre 2020
I predatori di Pietro Castellitto: spiazzante, audace, originale
Chissà se Pietro Castellitto ha mai visto e apprezzato le commedie nord europee. Nella sua opera prima ritroviamo il surreale di The Square e il grottesco magico dei film di Roy Andersson mescolati a un pizzico di Sorrentino, il tutto in versione caciarona romana. Quando si trovano così tante similitudini così diverse tra loro, vuol dire che si è sulla buona strada per creare qualcosa di unico. Non per altro il film è stato meritatamente premiato come Miglior Sceneggiatura nella sezione Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia. La scrittura de I predatori, però, non è che uno dei tanti pregi di questa pellicola.
Ma chi è la preda e chi i predatori?
Eppure, nel raccontare I predatori, si può (e forse si dovrebbe) tralasciare la trama. Non perché questa sia assente o poco importante ai fini della narrazione, ma perché si tratta, in fondo, di un pretesto. A fare il film sono i personaggi, i loro monologhi alterati, le loro conversazioni surreali e grottesche. Due famiglie, i Vismara e i Pavone. Una borghese più che benestante, formata da un chirurgo tanto ben visto quanto infelice, una regista, sua moglie, che basa le sue interazioni con gli altri sulle urla e gli ordini, e il loro figlio, uno studente di filosofia totalmente alienato dalla realtà e perennemente fuori luogo. La seconda capitanata da un padre che traffica armi, sfocia continuamente nell’illegalità, ha tendenze filo-fasciste e insegna al proprio figlio di undici anni a sparare.
In questo mix di personalità ed ideologie non c’è alcun giudizio morale, nessuna distinzione di giusto e sbagliato. Forse gli unici ad emergere come personalità pure sono gli stranieri al servizio delle famiglie borghesi: governanti e domestiche perennemente in silenzio, con lo sguardo perso nel vuoto. Con rassegnazione, accettano il loro ruolo da spettatori e rimangono estranei a tutte le vicende. Per gli altri, invece, non c’è salvezza. Non c’è distinzione tra prede e predatori. Perché non importa la classe sociale e l’ideologia politica. Siamo tutti deprecabili, in egual modo.
Fingere per omologarsi o estraniarsi e rimanere incompresi
Nel film tutti indossano delle maschere. Costantemente costretti a simulare una gioia che non provano, una forza che non hanno, una tranquillità nelle relazioni che non sentono. Si incrociano continuamente, senza incontrarsi mai. Anche quando convivono sotto lo stesso tetto non riescono a parlarsi, finendo inevitabilmente per urlarsi l’uno contro l’altro. L’unico che pare non intrappolato in un ruolo, che non riesce a trattenersi nel dire costantemente quello che pensa e che soltanto spinto dal proprio interesse è Federico, il personaggio di Pietro Castellitto. È proprio perché autentico, risulta il più atipico di tutti. Totalmente individualista, è estraniato dal mondo in cui si trova. Il film sembrerebbe metterci davanti a una scelta: o piegarsi alle convenzioni sociali, fingere costantemente e, infelicemente, omologarsi, oppure estraniarsi, vivere come il superuomo di Nietzsche, sopra schemi e pregiudizi, ma inevitabilmente soli, incompresi e costantemente fuori posto.
La regia di Pietro Castellitto
I predatori ha nella scrittura il suo punto forte, ma anche registicamente si presenta coraggiosamente originale. Primissimi piani deformanti, inquadrature storte, sguardi in camera, fuori fuoco esagerati, lunghe e lente panoramiche, piani sequenza che inseguono personaggi per poi spostarsi su un altro, poi un altro, poi un altro ancora. C’è tanto, talmente tanto che a volte si sfocia leggermente nei manierismi tipici delle prime opere, più sfoggio di entusiasmo ed idee, che decisioni motivate artisticamente. Si tratta unicamente di limare, perché siamo di fronte a uno sguardo originale che non può e non deve subire limitazioni e variazioni.
Anche nella direzione degli attori la regia raggiunge alti livelli: un cast mostruosamente in parte, dall’aspetto deformato e grottesco. Paiono tutti copie estremamente fedeli di loro stessi, ma allo stesso tempo profondamente diversi, come fossero automi programmati per riprodurre le emozioni umane, ma incapaci di provarle. Su tutti, tre nomi.
Massimo Popolizio, attore sottovalutato e invece capace di grandi metamorfosi, che qui interpreta con maestria un chirurgo dalla doppia anima, bugiardo con gli altri e con sé stesso. Dario Cassini, la vera sorpresa del film, che tutti ricordiamo come cabarettista e che invece dimostra un bravura inaspettata, soprattutto quando si lascia andare nei ricordi durante un monologo. Poi, su tutti, Vinicio Marchioni. Marchioni appare per pochi minuti eppure è il personaggio più iconico di tutti. Il suo sorriso sornione e istrionico è l’emblema del film. La sua identità è un mistero, ma il suo ruolo in questa storia è fondamentale. Talmente fondamentale che viene da domandarsi se non sia lui “la grande personalità che agisce sul popolo” che viene citata nel film. Colui che ci guida verso i nostri errori.
Commento finale
Pietro Castellitto entra a gamba tesa nel panorama italiano dimostrando fin da subito di avere qualcosa da dire e da mostrare. Il film è un’opera con uno stile definito e una direzione ben precisa, intriso di rabbia giovanile e sconforto che non rendono, però, la pellicola seria e pesante. Si ride di quelle maschere, di quella ignoranza inconsapevole, del loro essere sopra le righe. Inconsciamente, si ride di noi stessi. Come si faceva nelle vecchie commedie italiane. Ecco un altro paragone, del tutto diverso dai precedenti, ancora una volta calzante. Ecco un altro motivo per guardare questo film.
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Recensione di: Matilde Tramacere.

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Pro
- Inedito ed inaspettato.
- Volutamente critico nei confronti della società e della contemporaneità.
- Gode di un riuscitissimo humor nero.
- Pietro Castellitto formidabile in tutti i ruoli ricoperti in questo film.
Contro
- Regia un po' esibizionista.
- Come tutti i film con uno stile ben definito ed originale, non è per tutti.