
Figlia mia
Regista
Laura Bispuri
Genere
Drammatico , Women Directors
Cast
Alba Rohrwacher, Valeria Golino, Sara Casu
Sceneggiatore
Laura Bispuri, Francesca Minieri
Produttore
Vivo Film, Colorado Film, Rai Cinema
Durata
100 minuti
Offerte
Data di uscita
22 Febbraio 2018
Figlia mia. La seconda opera di Laura Bispuri, in concorso all’ultimo festival di Berlino
Laura Bispuri è un’artista da preservare. La regista romana classe 1977, al suo secondo lungometraggio, si ripresenta a Berlino dopo quel particolare esordio che fu “Vergine giurata”. Struttura narrativa a flashback, macchina rigorosamente tenuta in spalla ed un certo lavoro di mascolinizzazione del delicato corpo di Hana/Mark (Alba Rohrwacher) sono stati i postulati stilistici apprezzati dalla critica. Meno entusiasmi, forse, per la scrittura. Sbrigativa? Senza particolari guizzi? Evidenti conflitti del corpo che non trovano un corrispettivo altrettanto personale nelle dinamiche drammaturgiche? Affascinante di sicuro. E giudizi sospesi per la new entry del cinema italiano (ma più sì che no).
Portare ai festival “che contano” sempre più opere firmate dalle nostre donne è importante. Lo dicono i concorsi stessi: Hansen-Love, Enyedi, Pintillie proprio a Berlino negli ultimi 3 anni hanno prevalso in sede di palmarès su affermati e lanciatissimi maschietti. E la Bispuri, come abbiamo già accennato, non passò inosservata nel 2015. Ora, apparentemente, è sceso il gelo. Indifferenza o giudizi docilmente negativi. Nessuno, almeno per ora, ha preso particolarmente a cuore la sua ultima fatica. E bersagliato nemmeno. Dov’è andata a parare con “Figlia mia”? Uscito nelle nostre sale in parallelo alla competizione tedesca (non c’è andata bene neanche stavolta), il film ha fatto molto meno rumore rispetto al primo colpo. Miopia o pellicola effettivamente priva di mordente?
Desiderio materno/ Radici rurali
Tina (Valeria Golino) è la Madre. Compra lo zucchero filato alla figlia Vittoria, la osserva dormire, la lava, la porta al mare, la porta in chiesa a suonare l’organo… Una figlia non sua (come ne “Il ragazzo invisibile”) e questo lo capiamo subito. Vittoria, (s)oggetto del desiderio purtroppo scritto maluccio ed interpretato non molto meglio, vede una strana donna fare cose altrettanto “strane”, forse sconce, ad una fiera. La sintonia, inutile dirlo, scatta immediatamente. E il successivo incontro, incomprensibilmente agevolato da Tina, rafforza la curiosità della piccola per Angelica (Alba Rohrwacher). L’avete già capito? Tra le due donne in passato c’è stato un accordo di questo tipo: mia figlia diventa tua figlia perchè tu vuoi una figlia ed io non posso permettermi una figlia. Ma saranno cazzi.
E’ tutto troppo semplice e codificato. Tra una Sardegna fantasma (nel paesaggio quanto nelle protagoniste) ed una bambina purtroppo presente in tante scene, la Bispuri esaspera e dilata un racconto molto risicato. La fotografia pastosa ed accesissima di Radovic non è particolarmente interessante, così come il binomio desiderio materno/istintività selvaggia non appassiona mai. La Golino non può che essere credibile per questo genere di ruolo, soprattutto in questa fase della sua carriera. La fisicità ed il talento non la tradiscono. Meno convincente è la Rohrwacher nei panni di questa donna continuamente sedata dall’alcol ed in connessione solo col mondo animale. Tra queste due disperate rimbalza quella scheggia impazzita che è Vittoria, ma purtroppo non rimbalza mai nel cervello dello spettatore. “Figlia mia” commette il terribile errore di non farci mai comprendere il reale punto di vista di una delle tre parti chiamate in causa.
Maschio dove sei?
In un film di disperate, un po’ di colpa deve avercela anche il maschio. Le regole del cinema d’autore commercial-festivaliero impongono esattamente ciò che accade, o meglio che si vede, nel film. I maschi cadono da cavallo durante il rodeo (non sono più forti!), sono macchie minacciose che si muovo nel fuori fuoco, stanno nei bar al neon affamati di sesso, chiedono addirittura indietro i propri soldi (ma lo fa Udo Kier, quindi non ha ragione). Padri falliti, padri assenti… e così via. Clamorosamente banale, o meglio codificata, è la scelta “poetica” della Bispuri. Laddove “Vergine giurata” proponeva un meticciato culturale ed emotivo tra i due sessi, qui ricade nella regola, nella maniera. E tutto ciò produrrà anche delle svolte narrative altrettanto telefonate.
Commento finale:
“Figlia mia” è un brutto film. Codificato, prevedibile, di quella finta autorialità che porta in sala il curioso borghese ma che non porta in sala gli amici meno curiosi del borghese. I pugni nello stomaco non esistono, la Sardegna non c’è e l’Italia nemmeno. Un film, con grande rammarico di chi scrive, sbagliato dall’inizio alla fine.
Recensione di Lorenzo Re

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Trivia
- Non ci sono sbavature tecniche
Goofs
- Sceneggiatura banale e già vista
- Attrici non particolarmente in parte
- Idea di maternità anticonformista che non appassiona e non aggiunge nulla al dibattito culturale