2:22 – Il destino è già scritto. Smancerie ad alta tecnica.
Titolo originale: 2:22
Data di uscita: 29 Giugno 2017
Genere: Thriller
Anno: 2017
Paese: USA, Australia
Regia: Paul Currie
Sceneggiatura: Todd Stein, Nathan Parker
Interpreti: Michiel Huisman (Il Trono di Spade), Teresa Palmer (Lights Out), Sam Reid (Anonymous), Remy Hii, Simone Kessell, John Waters, Kerry Armstrong, Richard Davies
Produzione: Lightstream Entertainment, Pandemonium, Screen Australia
Distribuzione: Notorious Pictures
Durata: 99 min
Il controllore del traffico aereo di New York Dylan Branson (Huisman) è l’incarnazione di un ragazzo al massimo della forma, fino a quando un giorno, alle 2:22 p.m., un lampo accecante di luce lo paralizza per alcuni secondi cruciali e due aerei pieni di passeggeri evitano per pochissimo una collisione a mezz’aria. Sospeso dal lavoro, Dylan comincia a notare la sempre più minacciosa ripetizione di suoni ed eventi della sua vita che accadono esattamente nello stesso momento ogni giorno. Un misterioso schema comincia a delinearsi, che lo guida ineffabilmente alla Grand Central Station ogni giorno alle 2:22 pm. Mentre viene trascinato in un complesso rapporto con una bella ragazza che lavora in una galleria d’arte, Sarah (Palmer), complicato dall’ex fidanzato Jonas (Reid), Dylan deve infrangere il potere del suo passato e prendere il controllo del Tempo stesso.
“2:22 – Il destino è già scritto” ha tutte le fattezze di quei film rimasti disinnescati, che non sono riusciti ad esplodere. Io non farò lo stesso errore della sua trama: cercherò di dire quello che serve, quanto basta e senza dilungarmi inutilmente.
Allungare il brodo
“2:22 – Il destino è già scritto” è tratto da un libro, ma forse Paul Currie avrebbe dovuto farci un bellissimo cortometraggio. Il suo film infatti ha una trama tutto sommato semplice e basilare, il cui concetto è intuibile sin dalle prime scene. Ci vuole però un’ora e mezza prima che il finale venga svelato: finale telefonatissimo tra l’altro. Sembra un lungo stillicidio di piccole informazioni che invece che incuriosirti, ti fanno dire “ma basta! Vai al punto!”. Un punto che però sai già qual è, e ti viene spacciato come un colpo di scena. Il film sembra una minestra allungata, con tante cose messe per fare brodo.
Un thriller-fantascientifico dal titolo “Amore 14”
Una di queste è la storia d’amore che diventa predominante e si lega anche all’aspetto paranormale della trama. Ma anch’essa come tutto il resto è male approfondita, forzata. Tutto in questo film succede perché deve succedere, perché bisogna arrivare a quel finale che già tutti ci aspettiamo e bisogna farlo in un’ora e mezza, perché se no non sarebbe un film. Il regista ha pensato bene di riempire la parte centrale lasciando spazio ad una commedia romantica. Che va bene, per carità, ma se vado al cinema a vedere un film dal titolo “Amore 14”, non se mi aspetto un thriller fantascientifico. Questa volontà di impregnare così tanto di romanticismo il film secondo il regista doveva essere il punto forte del film, una cosa non vista. Secondo me lo ha rovinato. Il finale, per fare un esempio, è un terribile melodramma fatto di frasi e azioni fintamente epico-drammatiche. Troppo, troppo, troppo.
Tra l’altro di fantascientifico c’è ben poco, più che altro c’è forzata paranoia mentale ed un evento legato al tempo poco brillante. Il protagonista è talmente paranoico che vede pattern ovunque. Da qui legge un “misterioso” disegno fatto di ripetizioni tipiche della routine quotidiana. Bah.
“Dai a Cesare quel che è di Cesare”
Bisogna però essere onesti ed ammettere dove invece il film ha saputo brillare (fortunatamente). La fattura tecnica è ottima, soprattutto in relazione ad un budget da film indipendente. Un film realizzato con poco, servendosi degli espedienti del mestiere per ovviare ai problemi più complessi. “2:22 – Il destino è già scritto” sembra un film di Hollywood realizzato in America, ed invece è un film semi-indie realizzato in Australia. Grande abilità degli scenografi nel rendere al meglio la città di New York a Sidney.
Il regista si salva per la sua capacità di orchestrare dal punto di vista sensoriale un bel film. La vista e l’udito viaggiano di pari passo durante tutta l’ora e mezza, come in una danza crescente. Le ottime immagini sono sempre accompagnate da un lavoro di musiche e sound design quasi poetico. Gli effetti visivi sembrano hollywoodiani al 101%, e in certi casi anche migliori. Insomma: per quanto riguarda il proprio mestiere, tutti i membri del team hanno dimostrato di saperlo fare. Omaggio quindi i nomi di David Eggby (fotografia), Sean Lahiffn e Gary Woodyard (montaggio), Lisa Gerrard e James Orr (musiche).
Paul Currie ha assortito un ottimo team. Forse dovrebbe solo licenziare gli sceneggiatori.
Vi lasciamo al commento finale…
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Commento finale:
Una storia d’amore smielata quanto forzata e poco approfondita, così come la trama. Tutto succede perché deve succedere, con quella finta epicità e drammaticità da melodramma. Un film noioso che parte con un buon ritmo per poi farti sbadigliare, non vedendo l’ora della fine. Fine che hai capito sin dalle prime scene tra l’altro. Se non fosse stato per l’ottima realizzazione tecnica, nonostante il basso budget, il film sarebbe stato un totale flop. Mi rendo conto che i più possono addirittura entusiasmarsi ed emozionarsi per questo film, costruito ad arte per la massa. Ma i gusti sono gusti, e non riesco proprio a consigliarvi di andare a vederlo. A voi la scelta comunque.