Twin Peaks. Il Revival non-Revival. Ecco come prendere un’opera arcinota, iconica e amata ed utilizzarla per i propri ideali artistici.
Alla domanda che caratterizza il titolo di questo articolo vi rispondo subito, in maniera lapidaria: nessuno ha ucciso “Twin Peaks”. Tantomeno David Lynch. Eppure è molto interessante notare come, in questi ultimi giorni, si sia scatenata un’accesa polemica.
Polemica innescata dai nostalgici delle due stagioni precedenti, i quali si sono dichiarati sfavorevoli a questa terza stagione adducendo frasi strampalate del tipo “Twin Peaks si vede poco”, “Ma questa non è una serie tv”, “Ma dov’è la tavola calda? E il caffè?”, “Twin Peaks è morto”.
Sono frasi e domande di questo tipo che, personalmente, mi spingono ad amare questo inizio di terza stagione. Perché il fatto che fosse un film lungo 18 ore era stato ampiamente dichiarato da siti stranieri e da siti italiani.
L’onestà del prodotto? Era ovvio che ci sarebbe stata una continuazione di un preciso discorso lynchiano.
Lynch ha proceduto a passo preciso con la sua poetica, negli ultimi decenni, realizzando film meravigliosi come “Strade Perdute“, “Mulholland Drive“, “Inland Empire“. Dopo 11 anni di assenza, Lynch si è rimesso in gioco.
Grazie all’aiuto dell’amico Mark Frost, grazie ai mezzi tecnici permessi da Showtime (con i dovuti inciampi) e grazie alla disponibilità dei vecchi attori, Lynch ha potuto recuperare l’opera più iconica e più amata dal pubblico e farne, senza ricorrere a francesismi, quello che voleva.
La Sovversione Audiovisiva
Con questi primi episodi (e non mi aspetto nulla di troppo diverso per i successivi) ha dimostrato di non tenere a questo revival quanto i suoi fan più sfegatati e soprattutto di non voler approfittare della “Nostalgia Canaglia” che ultimamente sembra caratterizzare l’industria dell’intrattenimento.
Ha scelto di guardare oltre. Oltre il concetto di serie tv. Oltre il concetto di Cinema. Ha scelto di tendere lo sguardo verso altro.
Se “Twin Peaks”, nei primi anni Novanta, aveva riscritto le regole del serial televisivo in generale, questa terza stagione (almeno per i primi episodi) le sovverte.
Le nega, le rigetta, le distrugge. Un devasto totale. Non ha nulla di televisivo. La televisione è solo un tramite e nulla più.
C’è una linea narrativa. Ma è tutto in divenire. Siamo dalle parti della pura creatività artistica di un uomo, di un cineasta, prima pittore, il quale con genio e con sfrontatezza (insolita nei modesti periodi cinematografici contemporanei) se ne frega delle logiche del pubblico, della critica e perfino dei propri committenti.
Egli è disposto a “sacrificare” la sua opera più nota e più amata dal grande pubblico per i propri ideali artistici.
E questo gli fa solo un grande onore.
Un Non-Twin Peaks?
Un artista non può e non deve tornare indietro ad uno stile estetico vetusto che avrebbe reso il ritorno di “Twin Peaks”, un prodotto posticcio e poco interessante. Deve andare avanti.
“Twin Peaks” è diventato meravigliosamente “Mulholland Drive“, meravigliosamente “Inland Empire“. Ma sono tutti divenire che continuano ad essere in continuo “divenire”, come se inseriti in un turbolento flusso di coscienza.
Lynch ha dimostrato che, in un mondo pieno di reboot, revival nostalgici, remake, il cineasta, lo showrunner, l’artista che si occupa di opere audiovisive in generale, non deve essere il dolcificante della vita mediocre del pubblico.
Il cinema e il serial televisivo non devono essere ridotti ad avere un tono consolatorio nei confronti del pubblico.
Perché sennò lo spettacolo possono benissimo farlo i componenti di questo pubblico, andando a spegnere completamente la magia del cinema e della televisione.
Lynch ha riportato pienamente in auge quell’idea di prendere la mano del regista, di farsi accompagnare e poi perdersi nei meandri dell’opera a cui si assiste. All’esperienza pura senza alcun filtro o artificiosità. La stessa esperienza che si prova con un’installazione artistica insomma.
Nostalgia Canaglia e Meta-Televisione
La nostalgia è uno stato d’animo maligno e calcolatore che si basa puramente su un’illusione. Ti concede un’emozione effimera che non è costruita su alcun valore.
Era questo il vostro desiderio? Volevate vedere un anziano Cooper sorseggiare un tazza di buon caffè nero e pronunciare l’iconica frase? Volevate vedere i vecchi personaggi chiusi in una stanza a parlare di come hanno passato questi 25 anni d’esistenza? Personalmente no.
Lynch ha posto basi solide e molto interessanti in questi primi episodi.
“Twin Peaks” è divenuto un concetto astratto. Si è servito di una scatola di vetro piuttosto misteriosa per qualche spunto di storia che vedremo sviluppato in futuro. Si è servito di questa scatola per farne un’operazione allo stesso tempo meta-cinematografica e meta-televisiva.
Già perché quella scatola di vetro in realtà è Twin Peaks. Un oggetto feticistico dal quale, in particolare noi appassionati, siamo attratti e che capitalizziamo tutto il nostro sguardo.
Se lo distogliamo rischiamo di perdere qualche passaggio importante e di rimanere fregati dalla stessa serie che noi tutti amiamo.
Ma poi veramente serve tornare a Twin Peaks?
Non mancano gli omaggi, non mancano i rimandi, questo si deve dire.
Eppure questi sono presenti in luoghi che non appartengono a “Twin Peaks” (a parte un momento emozionante della quarta puntata).
Come mai non vi siete lamentati di questi rimandi spazialmente estranei a “Twin Peaks”?
Non è questione di onestà del prodotto, non è questione del film allungato di 18 ore.
Un autore può fare ciò che vuole con la sua opera. E Lynch lo sta pienamente facendo.
Egli non è un rigattiere, non è uno sdolcinato nostalgico che vi dà lo zuccherino e vi fa scendere la lacrimuccia. Lynch non ha come mestiere quello di ridarvi l’infanzia. Nessuno vi ridarà l’infanzia con questi remake, reboot e revival.
E se pensate che Lynch sia questo e, peggio ancora, che debba fare questo, potete benissimo accantonare questa “serie tv”.
O, meglio per voi, potete rimanere ed assistere a questa completa esperienza artistica. Potrete amarla, potrete disprezzarla, ma resterà sempre una esperienza che non dimenticherete.
Perché Twin Peaks non si dimentica. Si vive. E basta.
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