Alien: Covenant. Sul serio, Scott? Sul serio? Il softcore anni Ottanta nel 2017? Questa ed altre cose “fantastiche” nell’ultimo capitolo della saga di Alien.
Data di uscita: 11 Maggio 2017
Genere: azione, fantascienza, thriller, orrore
Regia: Ridley Scott
Sceneggiatura: John Logan, Dante Harper
Produzione: Twentieth Century Fox Film Corporation, Brandywine Productions, Scott Free Productions
Interpreti: Michael Fassbender, Katherine Waterston, Billy Crudup, Danny McBride, Demián Bichir, Carmen Ejogo
Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 122 minuti
Prima di cominciare con la parte seria della recensione di “Alien: Covenant”, vorrei ringraziare YouTube. In particolare, youtubers che, cascando dal pero, hanno scoperto all’ultimo momento che “Alien: Covenant” è in realtà un sequel diretto di “Prometheus“. Quando siti su siti hanno pubblicizzato la cosa accodando ad essa la campagna virale del film. Semplicemente meravigliosi questi grandi “espertoni di cinema” del web!
Ora passiamo alle cose serie… forse…
Che film è “Alien: Covenant”?
Dal “Paradiso Perduto” di John Milton al “Covenant”, al patto. Da Adamo ed Eva alla Mayflower, la nave con la quale i padri pellegrini, salpati il 6 settembre 1620 da Plymouth, raggiunsero gli attuali Stati Uniti a Cape Cod due mesi dopo, l’11 novembre. La Mayflower alla scoperta di un nuovo mondo.
Avete presente la faccia che faceva Ben Affleck, durante i junkets di “Batman V Superman”, nel momento in cui parlava Henry Cavill? Migliaia di meme sono stati creati relativi a quella faccia. Non vi ricordate che era stata persino accostata meravigliosamente ad un sottofondo musicale come “The Sound Of Silence”? Ecco, quella è la faccia che ho fatto io alla fine del film.
E’ piuttosto divertente andare a vedere qualche intervista a Ridley Scott rilasciata in occasione del film. Ed è sorprendente sentire alcune dichiarazioni relative, però, al primo film della saga pronunciate sempre da Scott:
E’ un film praticamente perfetto: non eccede in nulla, è lineare, pulito, una macchina che gira perfettamente. E’ una sorta di b-movie realizzato in maniera eccellente, con un cast fantastico, un film fantastico.
Ecco, a parte alcuni accorgimenti (ben evidenti), Ridley Scott ha posto tutti gli elementi per spiegare che cos’è “Alien: Covenant”. Non eccede in nulla, lineare, sempliciotto, non è per niente una macchina che gira perfettamente. Anzi ha il motore molto scoppiettante. E’ un b-movie realizzato con un budget da blockbuster, con un cast, nel complesso, non molto entusiasmente. Un film fantastico? Manco per idea.
Uno dei problemi di “Alien: Covenant” (“Prometheus 2”, per gli amici disinformati di YouTube) è il momento in cui vuole occuparsi di temi e idee più elevate, quando ambisce a ragionare su creatori e creati con un pressapochismo veramente spicciolo. Cerca di comportarsi come film sofisticato. Proprio come “Prometheus”. Ma non ha lo spirito di “Prometheus”.
L’incompreso “Prometheus”
E qui devo fare una confessione: a me “Prometheus“, con tutti i suoi difetti, era piaciuto molto. Le riprese maestose ed emozionanti che facevano da cornice ad una vicenda che Scott dirigeva con polso sicuro e con estrema sapienza. Una vicenda relativa all’origine di tutto. “Prometheus” raccontava la creazione non come atto di infinita bontà e misericordiosa meraviglia, ma come gesto casuale, privo di pathos e di significato.
Allo stesso modo le parole stesse, di conseguenza le religioni che si riconoscevano in esse, non erano altro che inutili orpelli. Incapaci di restituire l’intimo significante di un universo senza senso e senza scopo. Ecco allora che le risposte perdevano importanza, perché le stesse domande risultavano prive di significato. Scott, in quel film, riusciva a guardare oltre le stelle e contemporaneamente all’interno dei nostri corpi. “Prometheus” resta, per me, un grande film, probabilmente incompreso proprio per la sua natura divina, una passeggiata tra le stelle attraverso noi stessi, in un mondo sempre più sfuggente, inarrivabile e meraviglioso. Un mondo che, se declinato in chiave metacinematografica, corrisponde al Cinema.
Riciclaggi e stereotipie
Tutto questo in “Alien: Covenant” viene affrontato con molta semplicità e con poca seria disamina.
Ed un altro grande problema del film è il riciclaggio della struttura originaria del primo “Alien”, oramai diventata derivativa ed eccessivamente satura ed usurata. La lenta carneficina, la scansione dei vari momenti, la passione per il meccanismo di fuga e di nascondiglio dello xenomorfo, fino alla grande sfida finale con gli esseri umani che è solo apparentemente impari.
Ricicla stereotipi, scene con gruppo che si divide (nel 2017!) e poi, ad un certo punto, proprio nel momento in cui meno te lo aspetti… arriva una scena di softcore. Esteticamente definirla imbarazzante è dire poco. Con l’aggiunta di un cast che ho già ampiamente dimenticato.
Puoi ridere, puoi divertiti, ma questo è puro masochismo, intrattenerti con un film come “Alien: Covenant”, ma è questo il fatto. E’ un film della saga di “Alien”!!!
Dovrebbe spaventarti, dovrebbe lasciarti un minimo d’inquietudine, un minimo di qualcosa.
Niente di tutto questo. “Alien: Covenant” è un prodotto inutile che non porta da nessunissima parte.
A differenza di molti, non ho mai detestato all’inverosimile una figura cinematografica come quella di Scott. Un massacro di critiche lo meritano ben altri registi e ben altre figure in generale. Eppure mi dispiace constatare che il cinema di Scott non sappia che strada prendere. Negli ultimi tempi è stato un po’ come “Alien: Covenant”. Non sa che strada prendere, appare vecchiotto, non particolarmente esaltante e privo di clamori.
Ridley, per citare una famosa frase pronunciata in uno dei tuoi più grandi film, io mi auguro con tutto il cuore che tutti questi momenti… tutti i momenti di “Alien: Covenant” “andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia”. Perché sarà giusto così. Per me, per te, per il pubblico, per le creature di Giger e per il Cinema.
Vi lasciamo al commento finale…
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Commento Finale
“Alien: Covenant” è un b-movie, realizzato con un budget da blockbuster, piuttosto malconcio, sempliciotto e poco entusiasmante. Un parterre di co-protagonisti decisamente non computato ed anche mal inquadrati da Scott, il quale non riesce ad avere la stessa mano sapiente con la quale diresse “Prometheus”.
E’ piuttosto triste vedere ridotta così una saga come “Alien”. Più che inquietudine e paura, mi veniva da ridere involontariamente. Come dice la tag-line del poster italiano? “Comincia a correre“? Comincia a correre sì, ma fuori dalla sala.