Il processo Depp-Heard dimostra che sopravvive chi sa conquistarci

In un presente dove usiamo termini come ‘cancel culture’ e neanche i pesci più grossi sembrano sfuggire più alla ghigliottina, molti erano pronti a dichiarare la fine del divismo tradizionalmente inteso. L’idolatria oramai appartiene agli youtubers e alle self-made celebrities sempre più giovani, si dice. Di sicuro noi millennials credevamo comunque di aver lasciato alle spalle l’ossessione per le star presenti su Cioè. E invece con il caso Johnny Depp e Amber Heard ci siamo fiondati nuovamente nei primi anni duemila, alimentando, oltre che la nostra sete di sangue, una tendenza alla tifoseria e all’umorismo becero.

LE PREMESSE: #METOO E GLI ABUSI

La ‘giuria popolare’ è l’unico motivo per cui il processo è stato registrato live, rendendolo uno dei più seguiti di sempre. Inevitabilmente, giornalisti, critici e studiosi si sono quindi concentrati anche sulle sue ripercussioni. Molti hanno dichiarato la fine del movimento #METOO. Non tutti però incolpano l’attrice: viene condannata anche una misoginia preesistente di fondo. La prova? I contenuti molto feroci generati su internet con un livello di adesione e complicità senza precedenti, mai visto contro gli uomini altrettanto colpevoli. C’è chi invece crede che Johnny Depp abbia valorizzato il tema degli uomini vittime di abusi, ampliando il movimento e rendendolo più inclusivo di prima. Personalmente, non trovo vera nessuna delle due idee.

Che siamo pregiudiziosi, crudeli, misogini e attratti dalla spettacolarizzazione del dolore è già stato scritto milioni di volte e ritengo ingenuo stupirsene. Cosa possiamo imparare, invece, di più affascinante e forse costruttivo?

In sintesi l’opinione pubblica

IL CASO #JUSTICEFORJOHNNYDEPP

Hollywood ci propone dei personaggi. Noi ci relazioniamo profondamente con loro, dimostrando tutta la nostra empatia. Stabiliamo un legame parasociale al punto da non renderci conto che sono ideati per essere nostra merce. Eppure li trattiamo esattamente come nostra proprietà nel momento in cui pretendiamo le loro attenzioni, invadiamo il loro spazio personale e decidiamo se cacciarli dall’industria quando ci tradiscono. I divi devono essere anzitutto ciò che pensiamo di loro, come è umano che sia.

Quando è uscita fuori la registrazione che ha sbugiardato la ex moglie, la nostra delusione è completamente sparita e tutto è tornato “alla normalità”. Johnny Depp si conferma l’uomo duramente eroso dalla sua carriera e vittima del sistema, senza dubbio problematico ma in fondo di buon cuore. Non importa quanto razionalmente potremo dirci che sappiamo distinguerlo da Jack Sparrow, Willy Wonka, Sweeney Todd o il Cappellaio Matto: le nostre reazioni dimostrano il contrario. Il compromesso più accettabile è l’idea che i personaggi siano cuciti sulla personalità dell’attore. Ma noi non sappiamo assolutamente nulla della verità. Anche nel processo avremo visto la punta dell’iceberg.

Una delle battute più condivise su internet. Johnny Depp oramai odia quel ruolo, Pirati dei Caraibi, e la Disney

Credere che gli avvocati abbiano strumentalizzato questo fatto è da ingenui. Nella loro strategia tutto andava verso lo stesso punto di fuga: la telecamera. Il loro maggior merito è stato quello di saper preparare perfettamente Depp in modo da poter dare alla giuria (popolare) esattamente quello che si aspettava. Era affascinante, divertente, informale e alle volte fuori luogo ma sempre nel giusto limite. I disgustosi e macabri messaggi privati mandati contro l’ex-moglie sono stati sminuiti quindi a semplici scivoloni dettati dall’esasperazione. Sui social, migliaia di fan (e non) romanticizzano le sue testimonianze, confermando il suo profondo dolore e malessere interiore, oppure ridendo con lui delle ridicole tattiche psicologiche degli avvocati per farlo spazientire.

IL CASO #AMBERHEARDISAPSYCHOPATH

Al processo Amber Heard non poteva che invece interpretare il ruolo della vittima a cui tutti vanno contro e mentono per proteggere l’orco cis maschio bianco etero. Una narrativa subito bollata come finta e forzata. Idealmente, ciò sarebbe dovuto alle migliaia di testimonianze contrarie, indipendenti tra loro e apparentemente prive d’interesse personale: psichiatri, redattori, manager, Kate Moss, aziende di make-up. Di fatto la verità si mostra più una situazione di comodo per giustificare i miliardi di contenuti denigratori audiovisivi, tweet, post, meme, servizi televisivi, podcast, articoli, riproduzioni animate e chi ne ha più ne metta.

Forse in parte perché è una donna, forse perché veramente ha sfruttato un movimento importante e delicato per visibilità. Forse perché in questo contesto, Amber Heard, che non ha un briciolo di fama né talento a confronto col suo ex-marito, diventa la femme fatale narcisista, sociopatica e invidiosa che ha provato a impiccare il nostro capitano. Un’attricetta bionda dal viso antipatico che ha quasi provato a cancellare Johnny Depp. L’uomo che ha dato un volto all’ immaginario della nostra infanzia e adolescenza, che a noi importi o meno di lui.  Una logica così infantile da considerarsi quasi ridicola. Ma, sebbene difficile da accettare, di fatto la storia del processo è accordata e condivisa con tutti quasi all’unanimità. Per chiarire, questo non succede spesso neanche quando gli imputati si dichiarano colpevoli.

Il processo in genere è stato una vera e propria serie televisiva. Episodi cadenzati e distribuiti nel corso di un mese, personaggi chiari e ben definiti, gli avvocati dell’eroe abili e attraenti, quelli dell’antagonista invece appena usciti da una commedia inglese. Sebbene nessuno poteva impedirne la forma, sono tutti elementi incredibili che hanno spinto a considerarci attori e spettatori davanti a un circo.

PER CONCLUDERE

La sintesi che porto qui è oramai ovvia: il futuro di Johnny Deep si prospetta roseo perché avevamo già deciso che lo amiamo ancora. Crediamo che la celebrity culture sia distante da noi, soprattutto studenti universitari o lavoratori, ma influenza profondamente le nostre opinioni e scelte sul mondo dell’intrattenimento. Soprattutto quando si tratta di realtà non prossime alle nostre ragioniamo per personaggi, storie e finali, e le industrie o i soggetti che capitalizzano sulla nostra emotività fanno di tutto rispettare le nostre aspettative. Abbiamo deciso tutto noi e il mondo dell’internet ha amplificato questa verità, che di fatto è sempre esistita. Come quasi sempre in una società democratica, siamo totalmente ignari del nostro ruolo decisivo e quindi del nostro potere.

Per citare The Vision: Il processo Depp-Heard ci offre così uno sguardo potenziale sul futuro dell’ecosistema dei media, in cui i creatori di contenuti definiscono sempre più la narrazione non solo intorno al proprio campo d’azione, ma a qualunque grande notizia di cronaca o caso giudiziario, che in questo nuovo paradigma diventano un’opportunità per accumulare follower, denaro e successo, finendo per influenzare l’opinione pubblica, non sempre in maniera oculata. A uscirne davvero vincitori sono così le sole piattaforme social, mentre a noi non resta altro che sperare che tra una coreografia e una ricetta vegana troveremo finalmente anche un tutorial per tornare a essere consapevoli che tra credere a qualcosa e sapere qualcosa c’è molta differenza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.