Questo articolo non vuole essere né una recensione né tantomeno un’opinione a caldo sull’ultimo e conclusivo capitolo di Jurassic World, Dominion. Ciò che mi preme esaminare in queste righe è una suggestione che mi ha rapito durante la visione di un film che, paradossalmente, ha ben poco da spartire con i miei gusti. Non mi interessa pertanto demolire senza pietà alcuna un film che in fin dei conti si commenta da solo. Ciò che davvero mi interessa sottolineare in questa sede è l’inaspettata profondità che un film tanto superficiale può rivelare con una sola linea di dialogo.
La battuta cui mi riferisco, rea di aver dato il proverbiale “la” alla mia indagine, è pronunciata dal professore Ian Malcolm (Jeff Goldblum) nell’ultimo atto del film: “Jurassic World? Non sono un fan” risponde il matematico a Owen Grady (Chris Pratt) riferendosi al suo precedente impiego come addestratore di Velociraptor.
Questa espressione – lecitamente interpretabile come un banale motto di spirito – è stata in grado di spostare in men che non si dica la mia attenzione dalle (piuttosto soporifere) vicende del film ad una lettura ben più complessa dello stesso. Al fine di spiegare al meglio il perché questa “frasucola” mi abbia affascinato, sarà dunque fondamentale porre una domanda preventiva: perché questa frase?
Nei seguenti paragrafi illustrerò le tre motivazioni cardine che rispondono a tale quesito, cercando di fare chiarezza su quanto anticipato.

1. Chi dice la frase?
Ad esprimersi così duramente contro Jurassic World altri non è che il professor Ian Malcolm (Jeff Goldblum) in persona, l’eccentrico matematico specializzato nello studio della teoria del caos. I motivi per cui risulta tanto interessante che sia proprio lui a proferire le parole di cui sopra sono molteplici. Anzitutto Malcolm è uno dei personaggi più amati della saga, secondo solo ad Alan Grant (Sam Neill). E’ presente fin dal primo Jurassic Park (1993), oltre ad essere il protagonista indiscusso del seguito Il mondo perduto – Jurassic Park (1997). Nella trilogia di Jurassic World, inoltre, è l’unico della “vecchia guardia” a figurare nei film precedenti a Dominion, apparendo all’inizio e alla fine di Jurassic World – Il regno distrutto. Ian Malcolm è dunque a conti fatti il personaggio del brand che figura più spesso nei film della saga (4 su 6).

Quanto scritto finora conferma tuttavia la sola importanza del personaggio di Malcolm; non spiega il perché la frase gli sia stata messa in bocca! Se prendiamo la battuta da una prospettiva metatestuale, ecco che forse giungiamo ad una risposta soddisfacente: la frase incriminata rimane sì ascrivibile alla realtà finzionale creata dal brand (come la critica di un uomo che vivendo in quel mondo è stato spettatore del disastro di Jurassic World); ma diviene anche interpretabile come un attacco diretto alla nuova trilogia da parte di un veterano della serie: Malcolm stesso. Non dobbiamo infatti dimenticare che siamo all’interno del contesto filmico creato da Jurassic World – non Jurassic Park! – e a parlare è uno dei protagonisti dei film originali (una sorta di outsider).

Malcolm altri non è che un fan della vecchia guardia, se poniamo questo filtro alla nostra lettura del testo. Una figura-specchio che riflette il malcontento degli appassionati della prima ora. Malcolm è il conservatorismo in opposizione al nuovo. E’ Jurassic Park nei confronti di Jurassic World. Il Tirannosaurus Rex del finale (non a caso un elemento di continuità con l’apripista della saga) contro il Giganotosaurus del sequel. Una struttura binomiale (vecchio/nuovo) questa, che si riflette strutturalmente anche sul film, in bilico tra l’anima moderna e più action del brand (con protagonista la nuova guardia), e la tensione ponderata dei primi due JP (con il trittico Grant–Malcolm–Sattler).

Rispondendo alla prima domanda, tuttavia, ne sorge un’altra: se è fondamentale che la frase sia detta da uno dei protagonisti originali (in quanto biasimo della novità), perché non viene messa in bocca al prof. Grant o alla prof.ssa Sattler? Se anche i personaggi summenzionati rappresentano in un certo qual modo gli afflati conservatori della serie (tanto da essere l’unico vero motivo che ha spinto molti fan a recarsi in sala), vi è una discriminante che intercorre tra loro e Malcolm.
Il personaggio di Jeff Goldblum fa sì le veci dell’appassionato della prima ora, ma più specificatamente dell’appassionato che ha vissuto Jurassic World. Malcolm è l’unico dei tre a figurare, prima di Dominion, in un altro capitolo della nuova trilogia. Ha dunque esperito in due modi JW: da un lato – diegeticamente – si è occupato delle conseguenze del parco nel secondo e nel terzo film; dall’altro – a livello metanarrativo – avendo “visto” JW (a differenza di Grant e Sattler che figurano solo in questo film), è l’unico dei tre in grado di criticare con cognizione di causa. E’ lo spettatore che – giunto alla conclusione della trilogia (e solo allora) – può infine tirarne le somme. “Non sono un fan“.

2. A chi dice la frase?
Oramai avrete anche già intuito l’antifona, e mi avrete preceduto nell’analisi. Se la scelta di Malcolm è fondamentale in quanto incarnazione diegetica della scontentezza spettatoriale (e quindi del purismo cinematografico); quella del suo interlocutore lo è di riflesso. Il personaggio interpretato da Chris Pratt, un ex marine divenuto comportamentista animale e addestratore di Velociraptor, funge da perfetto contraltare a Ian Malcolm. Se Malcolm rappresenta il passato, Owen Grady è la modernità. D’altronde è lui il protagonista della nuova trilogia. Il belloccio che ha (forse) preso il posto di Malcolm come sex symbol della saga.

Il personaggio di Pratt instaura con la figura di Malcolm la più classica delle contrapposizioni vecchio/nuovo (ove, ovviamente, Grady rappresenta il futuro della saga e Malcolm gli strascichi del passato). La frase “Jurassic World? Non sono un fan” assume dunque in questo caso un sapore d’invettiva. Una stilettata nel cuore della modernità-a-tutti-i-costi. La stessa modernità che ha risvegliato un brand sopito per svecchiare una formula che semplicemente non necessitava di alcuna modernizzazione.
3. Cosa dice la frase?
All’interno di un testo filmico sono ammesse casualità. Si pensi ad esempio all’entrata in campo – per errore – di un dato oggetto o, addirittura, di un membro della troupe. Nessuno si sognerebbe tuttavia di analizzare Braveheart (1995) in funzione della macchina che sbuca sulla sinistra dell’inquadratura in una delle tante scene del film. Sarebbe d’altronde ridicolo leggere articoli su come in verità Braveheart sia ambientato in un futuro post-apocalittico. Un futuro dove la tecnologia, ormai inutilizzabile, è abbandonata per la strada e dove l’uomo è regredito al medioevo.

Se c’è tuttavia una cosa di cui sono certo è che per scrivere una sceneggiatura sia necessaria una buona dose di volontà umana. Il caso poco c’entra con la frase che ha ispirato questo scritto. “Jurassic World? Non sono un fan” non è in alcun modo una casualità.
Ho già lungamente discusso su come la figura di Malcolm sia riconducibile – come fosse una figura-specchio – all’istanza spettatoriale. Malcolm – stando a quanto sopra riportato – altro non è che la figurazione intradiegetica dell’enunciatario, colui al quale il testo (enunciato/film) è diretto. Eppure, nel suo proferire le parole degli sceneggiatori (tra cui il regista Colin Trevorrow stesso!) pare paradossalmente incarnare anche la loro istanza narrante/autoriale. Possibile dunque che la frase funga da apparizione narrativa sia dell’enunciatario (spettatore) che dell’enunciatore (autore)?

Ciò che mi viene da pensare nella stesura di questa analisi è che in fondo le due figure in questo particolare caso possano coesistere. Da un lato abbiamo l’enunciatario, ovverosia lo spettatore deluso che vede nelle parole di Malcolm una conferma del suo pensiero; dall’altro invece l’enunciatore, l’autore del film, lo stesso Trevorrow, già autore del primo Jurassic World. Chi più del regista stesso è spettatore di un film? Chi più di lui è – in questo caso – enunciatario del proprio enunciato?
In quest’ottica la frase assume un ulteriore significato. Non è solo espressione di una lotta generazionale (la vecchia guardia/le nuove leve); non è solo espressione di un risentimento spettatoriale (Jurassic Park/Jurassic World); ma è anche un sentimento di rivalsa da parte di un regista che – rinnegando il (suo) passato – tenta (invano) di riparare ai torti.
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