Chi vive a Milano avrà visto ovunque a febbraio i cartelloni della serie Fedeltà, in streaming su Netflix proprio da San Valentino. Produzione BiBi film, è un adattamento dell’omonimo libro di Marco Missiroli. Della sceneggiatura si sono occupati Alessandro Fabbri, Elisa Amoruso e Laura Colella. Alla regia invece troviamo Andrea Molaioli (Suburra) e Stefano Cipani.

Il titolo parla da sé e la domanda centrale viene ben espressa nei primi minuti: In una coppia dobbiamo la fedeltà all’altro o a noi stessi? Delle premesse quindi accattivanti, accompagnate da una recitazione e regia di qualità.

La sinossi? Una coppia in apparenza molto innamorata. Lui, Carlo Pentecoste, affascinante professore di scrittura creativa alle prese col suo secondo romanzo. Lei, Margherita Verna, agente immobiliare con un sogno nel cassetto e dolori al pube. In verità la relazione sta marcendo, ma nessuno è disposto ad ammetterlo. Almeno fino alla scesa in campo di due nuove tentazioni: per Carlo la sua studentessa Sofia, super talentuosa, bella e dannata; per Margerita invece Andrea, il fisioterapista figo dal cuore d’oro.

Raccogliendo informazioni sul romanzo originale ci si aspetta un prodotto capace di raccontare in modo nuovo un tema antico. Alcuni articoli denunciano come l’adattamento abbia snaturato il libro, altri invece dichiarano l’esatto opposto. La verità può dirla solo chi lo ha letto. In ogni caso la prima stagione copre, se non per dettagli secondari, l’arco narrativo del libro, lasciando quindi carta bianca per stagioni future. Ma tornando alla serie, cosa ne pensiamo?

I protagonisti di Fedeltà

FedeltàCommento senza Spoiler

Per quanto siano stati raggiunti alti standard qualitativi, al cuore del contenuto Fedeltà risulta sufficiente. Il rapporto travagliato tra i due personaggi principali ha delle cicatrici poco chiare: non si spiega esattamente perché i loro interessi si scontrino al punto di generare rancore per anni. Sono protagonisti intelligenti (cosa non comune in un prodotto italiano) eppure cadono in cliché, nei loro discorsi, nei loro interessi romantici e nelle loro scelte. Gli spasimanti esistono al solo scopo d’innescare la frattura; questo rimane il loro livello di profondità. Bisogna ammettere che la serie tratta l’argomento dell’infedeltà con delicatezza, tuttavia pochi elementi sono innovativi. Il finale, in teoria aperto, in verità ammette solo il suo più grande difetto: non è, di per sé, una brutta storia, neanche mal scritta. Ma aveva necessità di essere raccontata?

Carolina Sala nel ruolo di Sofia Casadei

Scavando nei personaggi – Sezione con spoiler

Carlo ha il blocco dello scrittore, e poiché vale lo stesso anche per Sofia, scatta un’alchimia tale da sconfiggere anni d’intimità coniugale. Comune, decifrabile, prevedibile. L’unica vera sorpresa è la sportività con cui il padre di Sofia accetta la relazione illecita col suo professore. Il merito principale della sceneggiatura è di essere effettivamente riuscita a creare, in questo contesto delicato, un rapporto non tossico né abusivo. Non basta, però, per approfondire la psicologia di Carlo. Di solito questi tipi di uomini sanno molto bene quello che fanno e solo in superficie si fingono ingenui. Qui invece abbiamo quasi una impotente vittima degli eventi, dei suoi desideri e delle sue donne.

Margherita, invece, sebbene abbia le proprie motivazioni, sembra essere stata scritta per suscitare antipatia. Viene sedotta da un macho sensibile, si lascia abbindolare da Mr.Artistoide con “La donna in questo quadro mi ricorda te” e a conti fatti tradisce per prima. Ma soprattutto è smielata, repressa, meschina e segretamente rancorosa per dei sacrifici nei confronti del marito – che però sembra abbia deciso da sola di addossarsi. Perché la loro vita insieme dovrebbe essere un ostacolo al suo sogno nel cassetto? Soprattutto in assenza di figli e libera da pregiudizi sociali?

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Da Perfetti Sconosciuti in poi piace molto la retorica stile “Abbiamo tutti una bellissima vetrina finché non escono allo scoperto i nostri segreti”. Sfugge spesso che questi debbano portare i personaggi a mettere in discussione se stessi e quello in cui credono. I due coniugi si mostreranno anche come una coppia appassionata, ma conoscono già molto bene i propri e reciproci lati oscuri (Margherita non ha dubbi già da quando sente parlare del “malinteso”). Sono entrambi coscienziosi, più o meno onesti nelle colpe commesse, ne accettano le responsabilità. Sembra quasi sia stata una semplice scivolata. E infatti alla fine si perdonano. Subito di nuovo pronti a giocare fra loro come nell’episodio pilota.

Quindi entrambi avevano dei desideri repressi, sono usciti dal cilindro e, dopo qualche schiaffo sulla mano, un bel lieto fine per tutti i coinvolti (una prospettiva davvero molto ottimista). Il minimo conflitto per il massimo dei benefici. Una serie, soprattutto se dedicata ad un pubblico generalista, dovrebbe invece esserne bombardata.

Una eventuale seconda stagione, forse, dovrebbe aiutare ad alzare l’asticella. Far tremare la terra sotto ai personaggi, spaesarli, confonderli e infine farli rinsavire. Considerando il finale, questa però non sembra essere la chiave di lettura della produzione.

In conclusione…

Il potenziale in Fedeltà esiste. Così come, a quanto pare, la materia prima poco sfruttata. Forse, nel tentativo di raggiungere un pubblico più ampio possibile, si è deciso di osare poco, consci delle abilità tecniche e professionali a disposizione che hanno quasi oscurato una dubbiosa sceneggiatura. Se esisterà una seconda stagione, gli autori potrebbero sfruttarla per mettere invece alla prova gli spettatori, consapevoli o meno di cosa sia la fedeltà in una coppia.

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