Suburra. Tra le atmosfere noir del film di Sollima, emerge una protagonista silenziosa: la pioggia. 

Suburra

Niente è casuale in “Suburra”, l’ultimo film di Sollima, nemmeno la pioggia.

7 giorni all’Apocalisse.

Queste le parole che avviano il climax discendente al centro dell’opera di Sollima. Ma è solamente l’orlo di un baratro quello che lo spettatore si trova davanti agli occhi? O c’è qualcosa di più?

Suburra

La risposta a questa domanda la troviamo nell’acqua e nella pioggia.
È infatti proprio la pioggia la protagonista silenziosa che accompagna i vari personaggi nelle scene iniziali. È sempre la pioggia a fare poi ritorno nell’ultimo atto, proprio il giorno della preannunciata Apocalisse.
Ecco che fin dall’inizio si presenta nella forma di una pioggia scrosciante. Si abbatte sulla cupola illuminata di San Pietro, scivola sull’impermeabile del cinico Samurai e rigonfia il Tevere per poi sparire nelle antiche cloache romane.

Suburra

“È stata Roma”

La pioggia fa da accompagnatrice anche all’altra grande protagonista di “Suburra”. Si tratta di Roma, o meglio del suo lato più corrotto, spietato, violento e nascosto. La Suburra, come appunto viene metaforicamente chiamato. Una città fatta non solo di edifici e strade, ma anche e soprattutto di trame non meno intricate.

Trame intessute fra bande criminali, rappresentanti delle istituzioni e alti prelati, tutti quanti legati da interessi reciproci e segreti mai rivelati. Segreti antichi e pericolosi come la città che li custodisce. Una Roma personificata, tanto da essere accusata degli stessi crimini che avvengono fra le sue mura.

È stata Roma

Suburra

Afferma con l’usuale freddezza il Samurai (Claudio Amendola). Il riferimento è alla recente morte di un vecchio compagno avvenuta fuori da un locale in circostanze poco chiare.

Un modo per lavarsi la coscienza

Lungo la scia di non detti, reticenze e ipocrisia che avvolge i personaggi è la pioggia a caricarsi di significato. Proprio la pioggia assume nel contesto la funzione di un vero lavacro. Un lavacro dallo strato di fango che ricopre e insozza queste figure amorali e inquietanti.

Suburra

Primo fra tutti l’onorevole Malgradi, forse più di tutti interessato a mantenere un aspetto e una posizione di rispettabilità.
Il politico interpretato da Pier Francesco Favino si bea letteralmente di quest’acquazzone. Questo quando, durante una notte a base di escort e crack, si mette a urinare completamente nudo dal balcone di una suite.

Suburra

La pioggia laverà anche quel piscio come tutto il restoIl Tevere si porterà via tutta quanta la “monnezza”: tutto ciò che non serve, tutto ciò che è scomodo. Esattamente questa sarà la sorte della giovanissima escort che proprio in quegli attimi muore di overdose all’interno della suite.

[ATTENZIONE SPOILER]

[Se non avete ancora visto “Suburra” terminate qui la lettura]

Un’Apocalisse annunciata

Ma la pioggia ritorna. Ritorna alla fine della storia, e lo fa chiedendo il conto.
L’Apocalisse preannunciata è arrivata. Le trame avviate giungono ad un esito e le strade della città eterna sono ancora inondate sotto la pioggia battente. Il governo cade, colpito da un voto di sfiducia parlamentare.
In tutto ciò Malgradi, (è il caso di dirlo) malgrado l’immunità parlamentare, è destinato a finire in pasto ai magistrati. Si indaga infatti proprio sul ritrovamento del corpo di una ragazza sul fondo del Tevere.
La pioggia cade impassibile ma quasi beffarda sul Samurai accasciato a terra. Il suo corpo crivellato di colpi per mano di Viola (Greta Scarano), la donna del boss della mala ostiense, ucciso poco prima dallo stesso Samurai.
Piove ancora mentre Manfredi Anacleti, feroce cravattaro a capo dell’omonimo clan, viene sbranato dal suo stesso pittbull.

Suburra

Lo scorrere infinito

Siamo letteralmente agli sgoccioli: quanto annunciato si è effettivamente avverato, ma esclusivamente ai danni di chi forse lo meritava. Le colpe sono state espiate, la purificazione è totale, i conti tornano. Viola ha vendicato Numero 8, Sebastiano ha estinto il suo debito con gli Anacleti, Malgradi pagherà il suo con la giustizia. Ma il cerchio non si chiude e mai si potrà chiudere.
La sensazione è che non ci siano dei veri vincitori, ma solo dei sopravvissuti di cui si ignora il destino. Forse loro lo sanno ma non se ne curano. Cosa c’era ancora da perdere del resto? Viola con l’arma in mano ancora calda si allontana sotto la pioggia sulle note di un brano degli M83. Nell’ultima inquadratura una fontana, simbolo di rigenerazione continua e di un mondo in divenire.

Suburra

Pànta rèi.

Tutto scorre.

Niente è per sempre, nemmeno la città eterna e, a maggior ragione, nemmeno chi credeva di averla in pugno.

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