Il 15 Ottobre la piattaforma streaming di Netflix ha distribuito la terza stagione di You, creata da Greg Berlanti e Sera Gamble. Questo lungo thriller psicologico aveva catturato l’attenzione degli spettatori nel 2018 con il suo plot ai limiti dell’assurdo. È la storia di Joe Goldberg, uomo ossessionato dalle donne e soprattutto dall’idea tutta sua di amore verso di esse, una forza che spinge il nostro protagonista a compiere scelte e azioni davvero discutibili e fuori da ogni etica.
Una delle caratteristiche centrali dell’intera serie è quella di voler provare a suscitare una sorta di simpatia verso il personaggio di Joe, interpretato da Penn Bagdley. A rigore di logica, egli dovrebbe rappresentare tutto ciò che c’è di sbagliato nell’essere umano. Non è certo la prima volta però che film o serie TV in cui il protagonista è un villain riescano a far affezionare lo spettatore. Il suo lato più oscuro può tingersi di tratti in qualche modo interessanti ed accattivanti. Vale lo stesso per Goldberg? Ve ne voglio parlare più avanti in maniera più dettagliata.

La vicinanza a Joe è resa con l’espediente del voice over che, in tal caso, non è altro che la trasposizione orale dei pensieri del protagonista. Il pubblico ascolta tutto ciò che gli passa per la mente, diventando una sorta di complice. È una caratteristica che i creatori decidono di portate avanti per tutte le stagioni, donando un filo conduttore coerente. Ciononostante, la terza stagione sembra prendere una piega un po’ diversa e forse eccessiva per una serie di elementi. Scopriamolo insieme.
Joe & Love
Nel terzo capitolo di You, Joe non è il solo protagonista. Nella seconda stagione, Love Quinn era la nuova ossessione di Goldgerb, o meglio di Will Bettelheim, suo pseudonimo. Ambientata nella città di Los Angeles, la vicenda ruotava intorno ad un nuovo inizio in seguito ai disastrosi eventi accaduti a New York. Il circolo vizioso di ossessione e di omicidi che ruotava intorno alla figura di Beck – di cui Joe era innamorato – si sono ripetuti in un modo analogo quando Love (Victoria Pedretti) si è catapultata nella sua vita. Un risvolto inaspettato sul conto della giovane donna mette un punto alla serie di altri omicidi commessi a Los Angeles. La terza stagione, per l’appunto, inizia con l’ennesimo nuovo capitolo del protagonista. Joe e Love sono a Madre Linda insieme al loro primo figlio Henry. Cosa succederà stavolta e chi, inevitabilmente, ci rimetterà le penne?
Questo co-protagonismo prende una direzione un po’ diversa dalla stagione precedente, soprattutto a causa dell’evoluzione del personaggio di Love. Giovane ragazza già vedova, figlia di genitori ricchi, con la passione per la cucina. Una personalità frizzante e prorompente che aveva subito conquistato Joe, ricca di lati nascosti: una grande fragilità e un attaccamento al proprio fratello gemello Forty. Il finale della seconda stagione, come accennato prima, aveva rivelato al pubblico una parte di Love ancora più nascosta, uscita allo scoperto con un colpo di scena sorprendente.

Questa coppia di anime affini non poteva non intraprendere un nuovo capitolo insieme, ma una serie di eventi sconvolge questo iniziale equilibrio. Nuove ossessioni di Joe portano i due personaggi a seguire due linee diverse che si incontrano solo in alcuni casi particolari. Egli, in un primo momento, risulta profondamente cambiato a causa dell’arrivo del figlio. È un cambiamento che non convince del tutto lo spettatore fin quando, con l’arrivo di una nuova donna, Marianne, egli non ritorna sulla linea che lo ha sempre contraddistinto, rivelandosi il Joe Goldberg di sempre.
Anche per Love arriva un cambiamento sostanziale che, però, la accompagna fino all’ultimo episodio. È una mamma che incentra le proprie attenzioni sul risultare ancora appetibile agli occhi del marito, una donna che uccide spinta dalla gelosia. Una killer senza alcun metodo, senza alcuno schema, a differenza del suo partner. L’occasione per sfruttare il lato oscuro di Love viene sprecata – a mio avviso – banalizzando ogni sua azione, nonché il personaggio stesso. Love Quinn della seconda stagione era molto più interessante, qui risulta a tratti addirittura fastidiosa.
You: una serie controversa
Rispetto ad una serie come You, il pubblico si divide in maniera piuttosto netta. C’è chi la guarda con una ferma consapevolezza dei contenuti, i quali – non posso negarlo – sono estremamente discutibili. Il punto di vista prettamente maschile, soprattutto nelle stagioni precedenti, è sempre stato motivo di discussione. Non c’è nulla di sbagliato nell’adottare un’ottica univoca nel momento in cui non sfocia in tematiche particolarmente delicate. You, purtroppo, cade in un eccesso che difficilmente può essere digerito.
Ho già parlato del fatto che la sceneggiatura porti a simpatizzare per Joe, personaggio assolutamente negativo, elemento che nella storia del cinema e delle serie TV non è certamente una novità. Quante volte il protagonista è un criminale e noi tifiamo per lui o lei affinché non esca allo scoperto? Questo meccanismo funziona perfettamente nel momento in cui, però, non vengono toccati alcuni argomenti che non potrebbero mai trovare l’appoggio del pubblico, nemmeno in un contesto in cui c’è la consapevolezza della finzione.
Non voglio girarci intorno: Joe è un killer e uno stalker. La “genialità” con cui riesce sempre a farla franca non può reggere il confronto con ciò che è e ciò che fa. In questa terza stagione c’è addirittura un tentativo di giustificare le sue azioni scavando nei traumi infantili causati dalla madre. Numerosissimi, infatti, sono i flashback che ci riportano al passato. Una triste storia che, però, non può certamente fornire un lasciapassare al nostro protagonista.

Questo quasi morboso tentativo di farlo apparire un personaggio meno negativo è pressoché inutile se si considera che le sue azioni deplorevoli aumentano a vista d’occhio. Non dimentichiamo la presenza di scene molto esplicite e raccapriccianti, come quelle in cui sono mostrati oggetti intimi appartenenti alle donne per cui egli ha un’ossessione. Nel terzo capitolo queste donne sono molte di più, come lo sono le occasioni per mostrare allo spettatore questi dettagli davvero macabri. Non trovo davvero la necessità di voler salvare a tutti i costi un uomo che rappresenta quasi tutto ciò che noi donne temiamo.
Un intreccio niente male
Volendo per un attimo mettere da parte – senza però dimenticare – la questione più etica, c’è da dire che rispetto alle stagioni precedenti l’intreccio si fa più complesso, soprattutto se si considera che il co-protagonismo di Joe e di Love genera più strade per il plot. Quella che in un primo momento sembrava essere una mera copia del film Gone Girl (2014) di David Fincher torna presto a seguire uno sviluppo che richiama gli schemi che You ha sempre adottato. Cos’ha in più rispetto agli anni precedenti? Sicuramente una struttura più articolata che offre allo spettatore una sfera di personaggi più ampia e una più ricca rosa di eventi concatenanti. Il finale, da un lato inaspettato ma dall’altro simile a qualcosa successo in precedenza, offre la possibilità di un sequel.
Commento finale
La terza stagione di You si complica sotto vari punti di vista, in senso sia positivo sia negativo. Il carattere disturbate legato al personaggio principale supera quello che, secondo me, era il limite di sopportazione già raggiunto nelle stagioni precedenti. Qui esso si amplifica, rompendo quel piccolo e già precario equilibrio tra la consapevolezza della finzione e la discutibilità dei contenuti. La figura femminile, protagonista o meno, sembra essere rinchiusa in una concezione che, purtroppo, è inaccettabile. Ciononostante, a livello narrativo resta una serie TV ricca di espedienti capaci di sorprendere lo spettatore.
Se non avete ancora dato un’occhiata agli episodi, ecco qui il trailer ufficiale.
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