Speciale Halloween: Il geniale Tim Burton

Bizzarro, grottesco, persino mostruoso. Fin dall’inizio, il cinema di Tim Burton ha saputo distinguersi proprio per il suo appassionato elogio alla diversità, facendo dei sentimenti più intimi e profondi del suo autore il principale punto di forza. Più che il suo passato da disegnatore, ciò che veramente colpisce di questo particolare regista è la sua strabiliante conoscenza filmica, nello specifico degli horror, capace di arrivare fino ai recessi più oscuri e spaventosi della storia del cinema. Una dote assolutamente unica che in più di un’occasione ha saputo fare la differenza. Sebbene molte delle sue tematiche ricorrenti sembrino semplici omaggi a quelle pellicole che l’avevano colpito da adolescente, in realtà le sue immagini sono molto più complesse, frutto più che altro di sensazioni, e capaci di raggiungere l’inaspettato.

Tim Burton en tant que dessinateur - L'Etrange Monde de monsieur Burton

Per Tim Burton dedicarsi a un progetto vuol dire instaurare prima di tutto una relazione emotiva con i suoi personaggi, sia che essi siano realmente esistiti o solo frutto dell’immaginazione. La sua filmografia è costellata di antieroi, spesso accompagnati da un caratteristico senso di disagio, che si rivelano degli emarginati dalla società in cui vivono. Personaggi incompresi, visti sotto una luce sbagliata, che si contraddistinguono per un particolare dualismo: vivono tollerati ai margini ma vengono comunque indotti allo stesso tempo a rifugiarsi nel loro mondo personale. Un po’ le medesime contraddizioni che caratterizzano lo stesso Burton: un autore tra i più importanti di tutta Hollywood, ma che si tiene a debita distanza dal sistema. I suoi film ne sono un esempio: nonostante abbiano incassato più di un miliardo di dollari, difficilmente possono essere etichettati come “commerciali”.

Halloween è alle porte e noi di Cinewriting vogliamo festeggiarlo con l’autore che più di molti altri ha donato al mondo uno stile cinematografico unico e meravigliosamente contorto. Perfettamente a tema in questo periodo, ma non solo. Eccovi dunque una raccolta di 6 film (più una menzione d’onore) per festeggiare al meglio Halloween!

Tim Burton prepara una serie basada en 'La familia Addams' - Foto 1

Quando decidi di dar vita a un’idea devi veramente ripulire l’anima per poter sentire profondamente qualcosa dentro, come fosse tuo, e poterlo esprimere.

Tim Burton

Numero 6: Beetlejuice

La pellicola può essere tranquillamente definita come “Burton allo stato puro”: spaventosa e inquietante, con scenografie sorprendenti e inediti effetti speciali. Descritta dallo stesso sceneggiatore come “un film che ti fa sentire in pace con l’idea della morte”, la pellicola racconta di una coppia di coniugi del New England che, dopo aver perso la vita in un incidente stradale, si ritrova a infestare la casa in cui viveva. I nuovi proprietari, però, non si accorgono neanche lontanamente dei fantasmi, i quali, decisi più che mai a spaventarli, ricorrono all’aiuto del bio-esorcista Beetlejuice.

Beetlejuice HD Wallpaper | Sfondo | 1920x1080

Grazie ai suoi fidati bozzetti, Tim Burton decise di impostare fin da subito la storia attraverso un mix di buio, luci e colori. Una scelta del tutto singolare che ha l’obiettivo di stemperare il più possibile l’idea della morte. Il regista infatti ha sempre avuto la tendenza a ironizzare questa tematica e la decisione di costruire la scenografia dell’aldilà come se fosse un film di fantascienza di serie B ne è un ulteriore conferma. Qui infatti non ci sono nuvole e nemmeno cieli meravigliosi, ma soltanto un luogo molto simile ad una sorta di ufficio delle tasse.

Beetlejuice | Movie fanart | fanart.tv

La pellicola è costata 13 milioni di dollari, uno solo dei quali per l’effettistica. L’idea di Burton era infatti quella di creare effetti speciali poco costosi, illusioni anche rozze, ma in grado di trasmettere la sensazione di “fatto a mano”. Un’idea del tutto artigianale che vuole essere anche un omaggio ai film di Godzilla tanto amati dal regista da bambino. La storia poi è ricca di personaggi particolari ma quello che più di tutti è rimasto nel cuore del pubblico è lo strampalato ed eccentrico spettro Beetlejuice, interpretato dall’istrionico Michael Keaton. Da autentico mattatore qual è, l’attore dà vita ad una stupenda prova attoriale, riuscendo a trasmettere con meraviglioso carisma tutta l’assurdità e la stravaganza dell’iconico bio-esorcista.

La pellicola è disponibile su Netflix: da recuperare assolutamente!

Numero 5: Batman

Tim Burton e lo sceneggiatore Sam Hamm costruiscono per il cavaliere Oscuro una storia cupa, angosciosa e profondamente psicologica. Il tutto in una Gotham City buia e infernale, molto lontana dalla pacchiana versione televisiva degli anni ’60 e molto più vicina ai fumetti originali. Il regista non è mai stato un grande amante dei fumetti, ma ha sempre adorato le immagini di Batman e del Joker. Non a caso, Batman: The Killing Joke è il suo preferito.

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Mentre la scelta di Jack Nicholson per la parte del Joker ha ottenuto unanimi consensi, quella di Michael Keaton per il doppio ruolo Bruce Wayne/Batman ha innescato invece una quantità inaudita di reazioni. Non appena la notizia divenne pubblica, i fan protestarono animatamente, arrivando perfino a strappare il materiale pubblicitario del film. A Tim Burton però dell’uomo pipistrello colpì soprattutto la sua doppia personalità, caratteristica che glielo ha sempre fatto sentire vicino, e Keaton (secondo lui) era proprio l’interprete giusto per trasmettere questo dualismo.

Michael Keaton spiega perché non ha firmato per un terzo film su Batman

Il suo fisico non scultoreo e la sua incredibile espressività permettono infatti di fare luce sia sulla natura più profonda e oscura di Bruce Wayne che sul suo lato più umano. Ancora una volta Michael Keaton dimostra di sapersi rinnovare in funzione del racconto filmico, dando vita a una delle sue migliori interpretazioni. La sua prova è un eccellente mix di volontà, carisma e umanità; ingredienti magnificamente dosati per l’occasione e che rendono assolutamente unico il suo Cavaliere Oscuro.

Il film è disponibile su Amazon Prime. Potete inoltre trovare sempre sulla stessa piattaforma streaming anche Batman – Il ritorno: secondo capitolo firmato Burton e anche qui con un cast a dir poco strepitoso.

Numero 4: Il mistero di Sleepy Hollow

Poco dopo il fallimento del progetto Superman, Tim Burton venne contattato per dirigere la trasposizione cinematografica del famoso racconto di Washington Irving. Fino al 1998 Burton non aveva mai fatto nulla di così simile a un film dell’orrore, ma il fatto di mettersi in gioco con un vecchio racconto del folclore lo entusiasmó parecchio. Rispetto però all’originale, la sceneggiatura contiene alcune modifiche. Il protagonista passa dall’essere un semplice maestro di scuola a un poliziotto di New York che viene spedito nella cittadina sulla valle dell’Hudson per indagare su una serie di omicidi in cui le vittime sono state sistematicamente decapitate. Qui scoprirà però che quella del Cavaliere senza testa è ben più che una semplice leggenda.

Di solito Tim Burton mantiene una sorta di identificazione più forte col personaggio principale, ma in questo caso avviene in maniera meno evidente. Tormentato da un conflitto interiore, Ichabod Crane viene descritto come un solitario che vive troppo dentro la sua testa e perciò fatica a rapportarsi con il mondo reale, soprattutto per via della sua professione, considerata troppo “avanguardista” per l’epoca. Insomma, un vero outsider burtoniano che soltanto il fidato Johnny Deep poteva rappresentare al meglio. L’attore infatti trasmette con assoluta umanità e precisione tutta la fragilità che caratterizza il personaggio, dando così vita ad un’interpretazione davvero meravigliosa. Non solo ne restituisce pienamente il punto di vista, ma trasmette anche una stupenda forza interiore.

“Non aspiravamo al naturalismo”

Il mistero di Sleepy Hollow - LongTake - La passione per il cinema ha una  nuova regia

Il film venne girato in Inghilterra proprio per la singolarità dei vecchi villaggi coloniali di origine olandese ma, fatta eccezione per pochi esterni, tutto il resto venne poi ricostruito in studio in modo che il regista riuscisse a ricreare un’estetica più espressionista. Sfruttando alcune tecniche dell’animazione a passo uno, come le false prospettive, Burton riesce ad ambientare il film in un mondo a parte. Forse non tutti sanno che un altro punto di riferimento importante è stato La maschera del demonio di Mario Bava, di cui Burton ama soprattutto l’atmosfera “fuori dal mondo” derivata dall’essere stato girato in studio.

Potete trovare la pellicola su Netflix!

Numero 3: Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street

Il barbiere Sweeney Todd è stato un brutale serial killer del XIX secolo, passato alla storia soprattutto per il suo modus operandi. Dopo aver tagliato la gola ai propri clienti, mandava i corpi in uno scantinato attraverso una botola nascosta. Qui la fornaia Nellie Lovett li faceva a pezzi e li usava come parte del ripieno per i suoi pasticci di carne. Lo stesso Tim Burton, dopo aver assistito al celebre musical del compositore Sondheim, ha accarezzato più volte l’idea di girarne una versione cinematografica, riuscendoci però soltanto nel 2007. Oltre alla trama, un fattore che incuriosì parecchio il celebre regista era il fattore sangue. Nell’opera infatti il sangue era una caratteristica estremamente cruciale e copiosa, tanto da scioccare gli spettatori di Broadway. Inutile dire che il regista era deciso a non tirarsi indietro, anche a costo di ritrovarsi un film vietato ai minori.

Sweeney Todd: the Demon Barber of Fleet Street Wallpapers - Top Free Sweeney  Todd: the Demon Barber of Fleet Street Backgrounds - WallpaperAccess

Per contenere tre ore di musical teatrale in due ore di film, alcune canzoni vennero abbreviate e la storia subì diverse variazioni. Molti elementi di contorno vennero infatti eliminati così da dare maggior rilievo al percorso psicologico di Todd. Lo stesso regista poi per facilitare la prestazione canora degli interpreti preferì accantonare le tecniche artigianali in virtù della computer grafica. Si decise inoltre di ringiovanire di almeno una decina d’anni la coppia di protagonisti, in modo da conferire alla storia una forza maggiore. Una scelta molto cinematografica che si rivelò azzeccata anche grazie alla singolare prestazione della coppia di attori scelti.

Una coppia indimenticabile

Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street (2007) - Backdrops — The  Movie Database (TMDB)

La coppia Depp-Bonham Carter non delude le aspettative e catapulta efficacemente lo spettatore nel mezzo di una sanguinaria Londra Ottocentesca. Lavorando alla nuova versione del protagonista, l’attore e Burton presero ispirazione da un gran numero di star del passato, in particolare da alcuni miti del cinema horror. Johnny Depp si dimostra a proprio agio ancora una volta, riproponendo alcune sue storiche sfaccettature e facendo passare le emozioni più attraverso l’espressioni del viso che con i dialoghi. Sweeney ha infatti molte delle caratteristiche del tipico personaggio burtoniano ma anche la signora Lovett non è da meno. Un personaggio che ha qualcosa di triste, di opprimente ma anche di maniacale e di emotivo, al quale Helena B. Carter ha dato vita con uno straordinario realismo.

Numero 2: La sposa cadavere

Dai tempi di Nightmare Before Christmas, Tim Burton non aveva mai smesso di pensare a un nuovo progetto basato sull’animazione a passo uno. Nel frattempo però, complice le migliorie della computer graphics, l’animazione aveva subito delle enormi trasformazioni e sembrava proprio che a Hollywood non ci fosse più spazio per quella tradizionale. Inutile dire che il regista stravolse le aspettative. La sposa cadavere affonda le sue radici nella cultura europea con riferimenti alla tradizione gotica e all’Inghilterra vittoriana, ma andiamo con ordine.

La sposa cadavere: recensione del film d'animazione di Tim Burton

L’idea venne dallo sceneggiatore Joe Ranft mentre era ancora alle prese con la lavorazione di Nightmare Before Christmas. L’uomo aveva trovato per caso un vecchio racconto di origine europea in cui un giovane intraprende un viaggio per tornare a casa e unirsi alla sua promessa sposa. Durante la traversata però l’anello di nozze va a finire sul dito del cadavere di una ragazza assassinata. La giovane defunta a quel punto esce dalla tomba e reclama i suoi diritti. Per non sposarla, il giovane è costretto allora ad andare con lei nell’aldilà per sistemare la questione. Non appena Ranft raccontò questa storia, Burton capì immediatamente che era la sceneggiatura giusta da girare a passo uno.

Una maggiore carica emotiva

La sposa cadavere è un film tipicamente burtoniano, ma ciò che veramente colpisce della pellicola è la sua singolare impostazione a livello visivo. La divisione tra il mondo dei vivi e quello dei morti ne è infatti un esempio lampante. Tim Burton ribalta le convenzioni comuni e propone una realtà austera e grigia per i viventi e una più vivace e colorata per i defunti. Il fatto che il mondo dei vivi sia più morto dell’aldilà è una cosa che il regista pensava fin da bambino. All’epoca la gente che veniva definita normale a lui non lo sembra affatto, e viceversa. Per questo lo hanno sempre colpito di più i personaggi di finzione, in grado secondo lui di essere più vitali e profondi. Non a caso infatti il regista riprese la forza emotiva del personaggio di Sally di NBC per caratterizzare e impostare la sposa Emily.

La pellicola è disponibile su Netflix: da vedere!

Quando fai dell’animazione è importante riuscire a creare delle emozioni. Penso infatti che la sposa cadavere sia proprio questo: il cercare di ricreare quella forza emotiva.

Tim Burton

Menzione d’onore: Nightmare Before Christmas

Nel 1982 Tim Burton iniziò a lavorare a un progetto basato su una sua poesia, a sua volta ispirata a Twas the Night Before Christmas di Clement Clarke Moore. Era la storia di Jack Skellington che, dopo aver scoperto casualmente l’esistenza di Christmastown, prova a mettere le mani sul Natale. L’idea di partenza aveva molto a che vedere con gli special televisivi come Rudolph e il Grinch: personaggi che vengono bistrattati o ritenuti spaventosi quando invece non lo sono. Un po’ è quello che succede nella vita: la gente molto spesso viene percepita come qualcosa che non è. Jack infatti è simile a molti di quei personaggi della letteratura classica che sono bruciati da una passione, dal desiderio di fare qualcosa che gli altri non comprendono.

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Per trasformare una poesia di tre pagine nella sceneggiatura di un lungometraggio, Burton decise di affrontare il problema da un’angolazione completamente diversa: quella musicale. Assieme al geniale Danny Elfman, scrisse una scaletta generale, potendo così cominciare a lavorare ancora prima della stesura finale. Le canzoni non rispondono a uno stile musicale predeterminato, infatti i due preferirono lavorare così come veniva; là dove li portava la storia. Soltanto la traccia cantata da Oogie Boogie Man è ispirata a un personaggio dei cartoni animati di Betty Boop.

“L’animazione a passo uno è una vecchia e originale forma d’arte”

In quel periodo il regista era fissato con l’animazione a passo uno ma voleva evitare l’uso dell’argilla poiché con essa molti dettagli sono impossibili da realizzare. Anche se vennero poi impiegate tecnologie più aggiornate, NBC resta comunque il risultato di un duro lavoro artigianale. Molti artisti vennero infatti impiegati per la creazione dei set e la costruzione degli oggetti. Questo aspetto artigianale generò una bella atmosfera in studio: a detta dello stesso Burton creò un’energia impossibile da descrivere ma assolutamente gratificante.

Sebbene tenesse molto al progetto, Tim Burton non ne curò la regia. Un po’ perché era impegnato con il secondo capitolo di Batman e un po’ perché la preparazione di un film del genere è estremamente lunga. Scelse così Henry Selick, suo vecchio amico sin dai primi tempi dei Disney Studios. Per la prima volta Burton si trovò a lavorare a due film contemporaneamente.

La pellicola è disponibile su Disney Plus e la risposta è si: va visto sia ad Halloween che a Natale!

Numero 1: Edward mani di forbice

Dopo lo straordinario successo del primo film di Batman, Tim Burton divenne in pochissimo tempo uno dei giovani registi più richiesti di tutta Hollywood. La Warner infatti non perse tempo e gli chiese subito un secondo capitolo del Cavaliere Oscuro. Il regista però preferì dedicarsi prima ad un progetto a cui pensava da tanto tempo. Voleva ragionare sull’idea di non essere accettati fino in fondo e sulle relative possibili conseguenze, il tutto ovviamente basandosi su un’immagine che veniva dalla sua infanzia. Infatti, quella di un uomo con delle forbici al posto delle mani era una figura che tormentava spesso la mente del regista, proprio per via della sua singolare personalità.

edward-mani-di-forbice-1-1920x1080 - LaScimmiaPensa.com

L’impostazione generale della storia può sembrare una versione burtoniana di Frankenstein, ma non è così. Certo, il film ha molti collegamenti con il celebre racconto ma le connotazioni che l’autore gli dà per tutto l’arco narrativo lo portano a differenziarsi notevolmente. Edward è una creatura lasciata a metà per via della morte del padre inventore, e che si interfaccia al mondo esterno, conoscendo così le fantasie, le diffidenze, i pettegolezzi e le bramosie dei suoi vicini. La cosa interessante, oltre alla particolare scenografia color pastello, è che in questo tipo di quartieri si vive talmente a stretto contatto da conoscersi tutti, ma allo stesso tempo molte cose rimangono celate. Una sorta di corrente sotterranea del non detto che anche se si è bambini si riesce a percepire. Secondo Tim Burton però è anche presente un certo e opprimente conformismo. In questi posti o ti adegui, tagliando via gran parte della tua personalità, o ti crei un mondo interiore, col conseguente senso di isolamento.

Un moderno Charlot

Edward mani di forbice: che fine ha fatto il cast? Ecco come sono oggi

Fin dall’inizio la prima scelta di Tim Burton per il ruolo da protagonista fu Johnny Depp, anche se ci furono contatti con altri interpreti. Durante quegli anni l’attore era già un idolo dei ragazzini ma veniva dipinto come una persona difficile e scostante. Molti articoli infatti scrivevano su lui delle falsità e lo giudicavano in base al suo aspetto esteriore. Proprio per questo il regista pensò che il tema centrale di Edward, quello dell’immagine e della percezione, fosse perfettamente in linea con lui. Alla sua prima collaborazione con il regista, Johnny Depp dà vita ad una magnifica prova attoriale affidata prevalentemente ai gesti e agli sguardi. L’attore fa affiorare tutta l’innocenza e la sconfinata tenerezza del suo personaggio, giudicato diverso ma in grado di ricambiare con un amore incondizionato chiunque gli dimostri affetto. La sua è una caratterizzazione fisica estremamente personale e assolutamente in sintonia con il racconto filmico, in grado di ricordare anche per certi versi un moderno Charlot.

Potete recuperare la pellicola su Disney Plus!

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