Disponibile su Netflix dal 18 settembre, Ratched si propone di raccontare le vicende dell’infermiera Mildred Ratched prima dei fatti narrati nel pluripremiato film di Miloš Forman del 1975, Qualcuno volò sul nido del cuculo. Ma cosa rende Ratched la serie originale Netflix più vista del 2020?

Dentro l’universo di Ryan Murphy
Per chi non lo conoscesse, Ryan Murphy è un regista, sceneggiatore e produttore televisivo e cinematografico noto in particolar modo per aver creato serie tv memorabili. Da Glee ad American Horror Story (per citare solo le più famose), Murphy ha un’estetica che rende riconoscibili i suoi prodotti.
Tanto per cominciare, i dettagli per le scenografie e i costumi: non c’è nulla che sia lasciato al caso, dai colori della fotografia e degli outfit dei personaggi alla cura per gli oggetti di scena. Anche le musiche sono sempre ricercate e coerenti con il tono generale della narrazione. Ryan Murphy riesce spesso a deformare le inquadrature usando determinati obbiettivi e punti macchina, rendendo percettibile sullo schermo quella sensazione di follia che spesso appartiene alle azioni dei suoi personaggi.

Sono soprattutto i temi trattati dalle sue storie, però, che le rendono “murphyane”. L’omosessualità è uno di questi. Viene esplorata e affrontata con diversi toni in base alla serie tv (da quello più leggero della fiabesca miniserie Hollywood a quello più drammatico di Ratched). A proposito, Ryan Murphy ha recentemente dichiarato (parlando del suo atteso musical LGBT, The Prom) che quand’era ragazzo i suoi genitori lo portarono da uno psichiatra per curare la sua omosessualità -che fortunatamente, a differenza dei genitori, lo aiutò ad accettarsi. Questa drammatica esperienza è affrontata anche in Ratched, dove alcune pazienti vengono sottoposte a procedure disumane per guarire dalla loro “malattia”. Sarà proprio Mildred Ratched a cambiare la visione delle cose e aiutare le pazienti ad evadere dalla clinica e accettare sé stesse.

I freaks. Personaggi con deformazioni fisiche che vengono respinti e maltrattati da coloro che si considerano normali, per poi far vedere come spesso i veri mostri siano proprio questi ultimi.
Infine, i lati oscuri della psiche umana. Tema non affrontato in tutti i prodotti di Murphy, ma certamente in molti. In Ratched, ad esempio, ma di questo ne parliamo tra pochissimo.
In generale, anche quando i fatti narrati sono inseriti in un contesto storico reale (che sia la Hollywood degli anni ’50 o un manicomio degli anni ’40), nell’universo di Ryan Murphy tutto è ricoperto da una patina straniante, che estrapola fatti e personaggi e li inserisce in un piano spaziale inverosimile ma piacevole da esplorare.
Ratched: colori accesi in contrasto con il buio della psiche

La prima cosa che colpisce di questa serie tv è la fotografia dai toni sgargianti. Dalla carta da parati agli outfit dei personaggi (soprattutto della protagonista): i colori bucano lo schermo.
Ecco, questo è un esempio pratico di ciò a cui mi riferisco quando parlo di “patina straniante” che rende il tutto decisamente inverosimile. Ma ci piace così.
Il primo ingresso in scena ufficiale di Mildred all’ospedale psichiatrico Santa Lucia la vede vestita con un look monocromatico ocra in netto contrasto con il verde acqua delle divise del personale (e di altri elementi, come la sua automobile).

In alcuni momenti, la fotografia diventa completamente verde o rossa come se fosse illuminata da potenti neon. Altra scelta straniante, che ci ricorda -nel caso ce lo fossimo dimenticato- che nonostante i colori pastello, stiamo affrontando una storia in cui la vera protagonista è la psiche umana. Una psiche buia, distorta e dissonante, come quella che a Ryan Murphy piace raccontare.
Ratched affronta la psiche umana sin dalla sigla: note di violini stridenti che creano angoscia e che ritornano anche in vari momenti della serie, come per sottolineare la perversione e il mistero che caratterizzano il mondo interiore dei personaggi. Scelta musicale azzeccata: una melodia creepy che rimarrà in mente allo spettatore per diverso tempo, come per molte altre colonne sonore di Murphy (qualcuno ha detto Asylum?).
Nonostante Mildred abbia sempre un asso nella manica, dal primo episodio ci viene mostrato come sia lei il vero freak, la vera folle disposta a compiere azioni disdicevoli pur di raggiungere il suo scopo, e non i pazienti della clinica in cui lavora. Non è di certo l’unica, comunque.
Ratched ci confonde, perché i cattivi non sono al 100% cattivi e i buoni non sono al 100% buoni, proprio come nella realtà. Chi merita di essere considerato sano di mente?
Ratched: cosa non convince
È una serie piacevole. Otto episodi scorrevoli e intriganti. Personalmente, però, non mi convincono due cose. La prima: Ratched si basa sul personaggio di Mildred Ratched, tratto dal romanzo di Kesey Qualcuno volò sul nido del cuculo e quindi si pone come una sorta di prequel dell’omonimo film. Tuttavia, di cose in comune con il personaggio da premio Oscar interpretato da Louise Fletcher ha in comune solo il nome e poco altro. Anche l’ospedale psichiatrico presenta notevoli differenze con quello del film: i pazienti quasi non si vedono. Se in Qualcuno volò sul nido del cuculo i corridoi sono invasi dagli ospiti della struttura, con le loro patologie rese evidenti e rumorose, in Ratched questi neanche si notano e quando ci sono, sono composti ed educati (quasi tutti). È tutto molto ordinato e pulito, perfettamente in contrasto con la psiche della protagonista.

La seconda (che in un certo senso è collegata con la prima): verso la fine della stagione, il personaggio di Mildred subisce un cambiamento piuttosto repentino. Una volta trovato l’amore e accettato sé stessa (qui torna il tema dell’omosessualità caro a Murphy), sembra provare un’improvvisa empatia verso gli altri. Quasi come una rosea morale. Non più spietata e priva di scrupoli (come invece è la Ratched del film), la “nuova Mildred” sembra decisamente forzata. Altrettanto repentino è il cambiamento nel rapporto che ha con il fratello Edmund: il loro saldo rapporto si sgretola davanti a una sorta di incomprensione. E così, se prima salvare suo fratello era il suo unico scopo, ora questo personaggio diventa il suo acerrimo nemico.
Una scelta, quest’ultima, perfetta per creare engagement tra tre personaggi a loro modo tragicomici (non diciamo quali per evitare spoiler) e lasciare spazio per una seconda stagione. Quando? Netflix avrebbe già firmato per un totale di 18 episodi, quindi ne rimarrebbero 10 da sviluppare nell’arco del prossimo anno. A causa delle restrizioni imposte dalle normative anti Covid-19, però, la seconda stagione potrebbe tardare parecchio. Per ora dobbiamo rimanere in attesa.
Un cast degno di nota
Ratched vede finalmente come unica protagonista Sarah Paulson. Attrice talentuosa e già musa di Ryan Murphy, con questa serie riesce a brillare sul piccolo schermo. Curioso notare come in questo caso sia infermiera in una clinica psichiatrica, mentre in AHS Asylum ne era paziente, ricoverata per curare la sua omosessualità. Ottima interpretazione anche di Cynthia Nixon (che avrete già visto in Sex and the City), Judy Davis, Finn Wittrock e Sharon Stone. Una nota di merito a parte, però, va a Sophie Okonedo: il suo personaggio è la dolce Charlotte Wells, che soffre di schizofrenia. L’attrice ha interpretato magistralmente ogni personalità di Charlotte, in particolare la pericolosa e imprevedibile Ondine, con una espressività del volto e della voce eccellenti.
Judy Davis nei panni della spietata e ingenua capoinfermiera Betsy Bucket Sophie Okonedo nei panni di Charlotte Finn Wittrock nei panni del serial killer Edmund Tolleson Sharon Stone nei panni dell’eccentrica Lenore Osgood Sophie Okonedo
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