Speciale Clint Eastwood: Buon 90esimo compleanno!

Impossibile non omaggiare una delle carriere cinematografiche più longeve e influenti di tutti i tempi. Clint Eastwood, sia davanti che dietro la macchina da presa, ha saputo donare al mondo pellicole straordinarie e personaggi iconici. Il 31 Maggio è il suo compleanno e noi di Cinewriting vogliamo festeggiarlo ricordandovi alcuni dei suoi ruoli più celebri. Una raccolta di 15 personaggi che il pubblico non potrà mai dimenticare. Tanti auguri Clint!

clint eastwood

È travolgente vedere la tua carriera passare davanti ai tuoi occhi.

Clint Eastwood

Numero 1: Rowdy Yates

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Il primo ruolo importante non si scorda mai. Nel 1959 Clint Eastwood divenne il protagonista nella serie tv della CBS “Gli uomini della prateria“. Affiancato da un già rodato Eric Fleming, interpreta un irrefrenabile e passionale giovane mandriano. Durata 8 Stagioni, ha permesso all’emergente attore di iniziare a farsi strada ed è proprio grazie a questa serie che i colleghi di Sergio Leone furono in grado di notarlo oltre oceano.

Numero 2: Earl Stone

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All’età di 88 anni, Clint è ancora in grado di vestire sapientemente i panni da protagonista e di caricarsi un film sulle spalle. Sempre sotto la sua direzione, “The Mule: il corriere” non ripropone il solito vecchio personaggio scorbutico, ma un uomo speranzoso che vuole riavvicinarsi alla famiglia dopo tanti anni dedicati esclusivamente al suo lavoro. Uscito nel 2018, sarà forse l’ultima apparizione di Clint davanti alla macchina da presa?

Numero 3: Tenente Morris Shaffer

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Un maggiore britannico e un tenente americano devono liberare un generale statunitense, in questa memorabile pellicola britannica datata 1968 e diretta da Brian G. Hutton. “Dove osano le aquile” è infatti un mix tra guerra e spionaggio, dove all’inespressività di Clint Eastwood viene affiancata la figura carismatica di Richard Burton. Il primo era in forte ascesa in quella che sarebbe diventata la nuova Hollywood mentre il secondo, un’icona già consacrata, stava iniziando un lento declino. Le due personalità si fondono magnificamente, creando così una combinazione vincente che regala un enorme successo al titolo. Indubbiamente uno dei migliori film di guerra mai realizzati.

Numero 4: Kelly

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Nel 1970 Clint recitò in un’altro grande film di guerra, sempre sotto la direzione di Brian G. Hutton: “I Guerrieri” (Kelly’s Heroes). Un ottimo titolo antimilitarista che ibrida sapientemente due generi. La pellicola è infatti un western sottoforma di warmovie con alcuni rimandi al capolavoro di Leone “Il buono,il brutto,il cattivo”. Ironico e con attori che non rispecchiano per niente lo stereotipo dell’eroe americano, questa pellicola è senz’altro da ricordare all’interno della filmografia di Clint Eastwood.

Numero 5: Josey Wales

Uscito in sala nel 1976, “Il texano dagli occhi di ghiaccio” (The outlaw Josey Wales) rappresenta il primo passo per Clint (sia come attore che come regista) verso una trasposizione più matura del genere che lo ha sempre contraddistinto. Il film è un western revisionista che ribalta totalmente i canoni del mito eretti da John Ford e John Wayne. I cattivi infatti non sono fuori la civiltà americana, ma sono annidati al suo interno. Eastwood mette in primo piano le persone, gli emarginati, i vinti e lo fa da un punto di vista totalmente nuovo. Sfruttando e rivisitando alcuni archetipi del genere, il famoso attore da così vita ad una pellicola straordinaria che fa da precursore a due suoi prossimi film western di successo.

Numero 6: Frank Morris

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Fuga da Alcatraz” uscito nel 1979, segna l’ultima collaborazione tra Clint e l’amico regista Don Siegel. Tratto da fatti realmente accaduti, il film è un eccellente lavoro sul tempo, dove alla spettacolarizzazione viene preferita una dimensione più introspettiva. L’attore rispolvera alcune caratteristiche dei suoi precedenti personaggi (taciturno ma che sa farsi rispettare con un passato ignoto) e si dimostra capace di riadattarle alle esigenze del film, smentendo così molte critiche sulle sue abilità attoriali di quegl’anni.

Numero 7: Il predicatore

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Dopo l’uscita del colossale flop “I cancelli del cielo” di Cimino (1980), il genere stava affrontando una profonda crisi cinematografica. Nel 1985 però Clint decise di azzardare e diede vita al film western di maggior successo al botteghino di quel decennio:”Il cavaliere pallido“. Col titolo che allude alla morte del genere, la pellicola è molto affine con un titolo precedente dello stesso Estawood, intitolato “Lo straniero senza nome” (High Plains Drifter). Entrambi i film infatti vedono il ritorno sullo schermo di una versione riadattata del personaggio di Leone, ma in questo caso viene riproposto il tema della giustizia da un punto di vista più maturo e legato ad una dimensione religiosa. Inoltre Clint inizia a sgretolare la struttura tipica del genere, esponendo con assoluta chiarezza un pensiero dominate di tutta la sua filmografia: dovrebbe esserci un difensore dei più deboli anche nella realtà. Seconda tappa fondamentale di un viaggio che si concluderà poi nel 1992 con un capolavoro.

Numero 8: Red Garnett

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Nel 1993, un film creò particolare scompiglio tra la critica e gli spettatori per colpa della sua particolare analisi sulla società americana. In “Un mondo perfetto“, Clint compie una riflessione su temi etici/narrativi a lui cari, ribaltando la prospettiva comune e costruendo la storia da un punto di vista introspettivo sul legame del fuggitivo Kevin Costner e del giovane bambino in ostaggio. Un racconto avventuroso che delinea al meglio il ritratto psicologico dei suoi personaggi. Oltre ad una regia straordinaria, Clint alimenta il focus sul rapporto tra i due protagonisti, impersonando il burbero solitario capo della polizia che ha proprio il compito di catturare l’evaso. Un film impossibile da dimenticare.

Numero 9: L’agente Frank Horrigan

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Il 1993 ha visto uscire un altro film con Clint Eastwood, ma questa volta solo nelle veci d’attore. Diretto da Wolfgang Petersen “Nel centro del mirino” ha come protagonista un anziano agente dei servizi segreti, tormentato dai sensi di colpa per non essere riuscito trent’anni prima a salvare JFK a Dallas. La pellicola è un eccellente lavoro, assolutamente degna di merito e che vede l’essenza di Clint totalmente calzante per il racconto filmico.

Numero 10: Robert Kincaid

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Dopo una lunga serie di titoli d’azione, Clint Eastwood ritorna nel 1995 a dirigere un film drammatico sentimentale, dove interpreta un fotografo free lance in continuo movimento che si innamora della moglie di un contadino dell’Iowa. Costruito sapientemente attraverso dei flashback e con una cura puntigliosa per i dettagli sulle vite dei protagonisti, “I ponti di Madison County” rappresenta una svolta rispetto ai banali classicismi del melodramma hollywoodiano. Attraverso uno stile narrativo realistico e commovente, Clint racconta con assoluta sensibilità e passione la storia dei due amanti, affiancato nella recitazione da un’insuperabile Meryl Streep. Di sicuro un capitolo essenziale della sua filmografia.

Numero 11: Walt Kowalski

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Non so per quanto tempo ancora ci saranno ruoli per un tipo della mia età. Guardando la generazione prima di me, ad un certo punto sono andati tutti in pensione. Si sono ritirati, forse perché stanchi o perché credevano che i ruoli per loro fossero terminati. Per me non sono terminati.

Clint durante un’intervista su Gran Torino.

Dopo una pausa annuale, Clint ritornò sulle scene, recitando e dirigendo lo straordinario film “Gran Torino“. Il titolo incassò quasi 30 milioni di dollari durante il weekend di apertura nel 2009, facendo di Eastwood, a 78 anni, il protagonista più anziano a raggiungere la prima posizione al botteghino. Interpreta un burbero scontroso veterano della guerra di Corea che decide di mettere sulla retta via il suo vicino, un giovane di Hmong che ha cercato di rubare la sua preziosa auto. Clint costruì dal nulla questo personaggio. Di WK ne ha visti tanti da giovane, poiché cresciuto negl’anni ’40. Parlavano tutti in quel modo e si comportavano altrettanto. Walt è una persona sola e finisce con l’avere pregiudizi nel diventare amico di un gruppo di persone di cui si sa poco, ossia la cultura Hmong e le persone asiatiche in generale. Una storia di razzismo ma anche di redenzione che dimostra quanto lungimirante sia Clint sia sui tempi appena trascorsi, che su quelli futuri. Non è semplice raccontare in modo così limpido temi estremamente delicati e complessi, ma come sappiamo l’attore/regista ha una certa esperienza a riguardo.

Numero 12: Frankie Dunn

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Innanzitutto è una gran persona! Credo che sia davvero aperto verso le persone e che non abbia un complesso di superiorità e per questo si rapporta con tutti nello stesso modo. Crede nelle persone che assume, ti fa credere in te stesso e questo è un dono straordinario.

Hilary Swank riferendosi a Clint Eastwood

Nel 2004, Eastwood vinse due premi Oscar: miglior film e miglior regia per “Million Dollar Baby“. Con protagonisti Hilary Swank, Morgan Freeman e lo stesso Clint, la pellicola è la storia di un allenatore di boxe anziano e sottovalutato, che decide di aiutare una pugile dilettante a realizzare il suo sogno. Un assoluto capolavoro dove valori umani come amore e speranza vengono sviluppati nella loro forma massima ed esposti con assoluta chiarezza. Il film insegna che non bisogna mai smettere di sognare e utilizza la boxe come metafora della vita. Bisogna sempre combattere i pregiudizi e affrontare le costanti sfide a testa alta. Con il suo stile unico e inconfondibile, Clint parla della famiglia, tema a lui caro da sempre, e lo unisce a dubbi esistenziali, violenza e decisioni etiche. Il burbero, severo allenatore interpretato da Eastwood fa riflettere sull’esistenza e dimostra un profondo mutamento interiore, proprio grazie alla forza vitale del personaggio di Hilary. Così facendo da vita ad un personaggio che lascia sicuramente il segno.

Numero 13: William Munny

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È una cosa grossa uccidere un uomo. Gli levi tutto quello che ha e tutto quello che sperava di avere.

Will Munny in una scena del film

Clint ha girato con grande passione questo film ma era consapevole che sarebbe stato il suo ultimo western. Un ciclo di vita che si è chiuso nel migliore dei modi, infatti “Gli spietati” ricevette nove nomination ai premi Oscar del 1993, vincendo 4 delle famose statuette tra cui miglior film e miglior regia. Eastwood conclude finalmente quel processo lasciato in sospeso dopo “il cavaliere pallido” e frantuma definitivamente la storica mistica epopea western. La pellicola tratta temi molto cari al regista come l’onore, il coraggio e il riscatto sociale, e li declina con una chiave revisionista del tutto originale. Clint non interpreta più uno scaltro eroe senza paura ma un vecchio pistolero diventato ormai allevatore, con due figli a carico e una moglie defunta, che riprende in mano la colt dopo tanto tempo. Cinico e senza rimorsi nello sparare a uomini disarmati o a colpire a tradimento, William Munny è sicuramente un personaggio realistico che cancella qualsiasi morale, scioglie la linea di demarcazione tra buoni e cattivi e spezza ogni cliché del genere: non è vero che gli eroi sparano meglio, che sono senza macchia e che portano il distintivo. Nei titoli di coda, Eastwood inserisce la dedica “a Sergio e Don”, i registi che lanciarono la sua carriera grazie ai due personaggi più iconici e famosi.

Numero 14: L’ispettore Harry Callaghan

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So cosa stai pensando. “Avrò sparato sei colpi o solo cinque?” Beh, a dire la verità, con tutta questa confusione, ho perso il conto. Ma questa è una 44 Magnum, la pistola più potente del mondo, capace di farti saltare la testa con un solo colpo. Devi farti una domanda: “Mi sento fortunato?” Eh pivello?

Memorabile frase di Clint nel primo film

Pietra miliare del genere poliziesco. Senza questo incredibile personaggio, non ci sarebbero stati tutti i futuri film che trattano di poliziotti giustizieri e che prendono le distanze dalla legge per fare giustizia. La serie dell’ispettore Callaghan divenne molto popolare e furono realizzati cinque film nell’arco di 17 anni. La prima pellicola, sicuramente quella più famosa, è stata diretta da Don Siegel nel 1971 e porta il titolo “Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!” (Dirty Harry). Per nulla fiducioso nel genere umano, Harry è sicuramente un antieroe del genere: duro, rude e in costante conflitto con i suoi superiori. A sangue freddo non esita ad estrarre la pistola o a commettere azioni rischiose per fare il suo lavoro. Anticonformista verso le regole prestabilite, esterna un tipo di violenza molto simile a quella del revisionato genere western americano. Il primo film nello specifico può essere infatti definito a tutti gli effetti un western ambientato a San Francisco. Astuto e abile nel suo mestiere, fa rispettare la legge con la sua fidata magnum, facendosi così garante degli ideali di libertà e democrazia attraverso il pugno di ferro. Eastwood è assolutamente perfetto per il ruolo e attraverso una credibile immedesimazione, da vita ad un personaggio precursore, unico nel suo genere.

Numero 15: L’uomo senza nome

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Fino alla fine non sapevi chi fosse l’eroe e neanche allora ne eri sicuro. Pensavi che lo fosse solo perché era il meno schifoso di tutti gli altri.

Eastwood riferendosi al suo personaggio nel primo film

Tutto iniziò nel 1964 con l’uscita del film “Per un pugno di dollari” di Sergio Leone. Con risultati sorprendenti vennero poi prodotti altri due film negl’anni immediatamente successivi: “Per qualche dollaro in più e “Il buono,il brutto,il cattivo”. All’inizio della prima pellicola, lo spettatore non sa che il protagonista è quel personaggio che procede a dorso di mulo e che rimane ad assistere in disparte durante un’aggressione e forse non ne sarà mai sicuro. Leone stravolse i tasselli, andando a modellare sull’Ulisse di Omero (senza riferimenti troppo ovvi) la figura dell’eroe senza nome che sconfigge i nemici più con l’inganno che con la forza. Una figura totalmente diversa dall’ideologia classica del cowboy, non solo perché non ha un cavallo e non è ben rasato, ma anche perché si tratta indubbiamente di un camaleonte: uno yankee in terra straniera in cerca di guadagno facile che adotta il costume locale. L’uomo senza nome non è infatti un cavaliere idealista, ma è un cinico opportunista e un astuto calcolatore, assolutamente complesso e imprevedibile. Clint porta con assoluta naturalezza il poncho e sempre con il sigaro in bocca da vita al suo personaggio sicuramente più leggendario.

Quando avevo 16 anni guardavo i suoi film a Cleveland e nel bel mezzo di un quartiere nero comprai stivali e cappello da cowboy. Avevo anche un poncho e ci andai a scuola per quasi due anni. Sul serio perché io ero Clint Eastwood. Lui era un eroe per me.

Terrence Howard riferendosi a Clint Eastwood

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