Elle. L’ultimo capolavoro di Paul Verhoeven.
Data di uscita: 23 marzo 2017
Genere: Thriller
Regia: Paul Verhoeven
Sceneggiatura: David Birke
Produzione: SBS Production, SBS Films, Twenty Twenty Vision Filmproduction, Entre Chien et Loup, France 2 Cinèma
Distribuzione: Lucky Red (Italia)
Durata: 135 minuti
Elle. La deriva secondo Verhoeven
L’uomo nero, un misterioso assalitore mascherato, compie uno stupro ai danni di Michèle (Isabelle Huppert). L’evento non sembra sfiorare la sensibilità della donna che, dopo un bagno caldo, torna alla solita vita.
Decisa, fredda, manipolatrice, gestisce una società di videogiochi dai forti contenuti violenti-sessuali e, con lo stesso distacco, porta avanti le sue malsane relazioni sentimentali.
L’uomo nero tuttavia comincia a lasciare morbosi messaggi alla donna, che è quindi stimolata ad indagare sull’identità del criminale. Nasce così un gioco perverso e pericoloso, dove ogni azione potrebbe portare alle più estreme conseguenze.
Una perversione contagiosa
Volete un capolavoro? E che ve ne fate?
Ci piace pensare che questo sia il verdetto con cui l’olandese Paul Verhoeven eccita, liquida, gioca e sentenzia lo spettatore, il film e il cinema sin dalla prima immagine; lo sguardo annoiato e indifferente di un gatto, unico testimone dello stupro messo in scena con compiaciuta glacialità.
Davvero violento è l’inesorabile scacco matto dello sguardo, rispetto a un’opera che ne stimola il potenziale e contemporaneamente ne anestetizza la sensibilità.
Perchè in “Elle” tutto è già chiaro dall’inizio, eppure tutto è ancora da scoprire. Perchè in “Elle” tutti vogliono qualcosa, ma infondo nessuno desidera niente. Da “Elle” siamo sedotti, divertiti ed allo stesso tempo ci sentiamo distanti e cinici.
Il regista confeziona un film formalmente perfetto, partendo da una sceneggiatura che bilancia il thriller, il giallo, con le suggestioni erotiche, morbose, violente e patologiche di Michèle (l’interpretazione della Huppert meriterebbe una recensione a parte).
Le azioni di questa donna, tormentata dal tremendo passato paterno, scandiscono dunque i tempi e la direzione del racconto.
“Tradisci, sfrutta, invidia, ottieni” sono i suoi mantra e la grottesca passerella dei personaggi secondari non fa che assecondare o ostacolare i suoi immorali obbiettivi.
Ed anche loro non sono affatto dei santi: il mondo si presenta come un insieme di burattini, di figure bidimensionali alimentate da istinti bassi, impossibilitati alla comunicazione sincera e limitati da traumi infantili. Forse è proprio nella carne, nell’essere legati a un’altra carne o nel volerlo essere che resta un piccolo barlume di autentica umanità. Non in positivo, sia chiaro.
Nessuno si salva in “Elle”
Ciò che lo rende un capolavoro oggi è il coraggio con cui nega allo spettatore qualsiasi nido o rifugio morale. Non c’è scampo per i nostri occhi e se ci fosse non lo potremmo vedere.
Ogni fotogramma si avvale di una carica erotica che preme sulla nostra coscienza contemporanea, ma l’oscuro oggetto del desiderio sfugge oppure ne prendiamo le distanze per proteggerci.
Il Male c’è, è alla luce del sole, e proprio questo attrae lo spettatore, sospeso tra repulsione e desiderio. La pellicola ha lo straordinario merito di essere un apologo sulla brutalità della razza umana, una lucida analisi sui rapporti affettivi e sociali e un trattato sullo sguardo noiosamente insoddisfatto del 21° secolo.
“Elle” è un ufo, emblema di un malessere di cui ancora non conosciamo le cause, ma del quale subiamo le conseguenze.
In un momento decisivo del film Michèle riceve una banale domanda e non ci darà una risposta.
La domanda è: “Perchè?“. Noi non lo sappiamo. Forse la protagonista lo sa… ma lo userebbe a suo vantaggio, meglio non chiedere.
Vi lasciamo al commento finale…
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Imperdibile? Fondamentale? Scegliete voi l’aggettivo. “Elle” è uno dei migliori film degli ultimi anni, probabilmente non amato dal grande pubblico ma capace di generare una reazione.
Monumentale, affascinante, divertente ed agghiacciante, un ottimo film d’autore che sfida i limiti del mercato e smitizza il cinema della vocazione costruttiva e pedagogica ad ogni costo. Un pò di sano disfattismo!