Jeffrey Dahmer. Il cannibale di Milwaukee
Biondo, occhi azzurri e bellissimo. Ma anche voyeur, sadico, cannibale e necrofilo. Queste sono soltanto alcune delle caratteristiche della personalità complessa e malata di Jeffrey Dahmer, passato alla cronaca come il cannibale di Milwaukee.
Jeffrey nacque nel 1960 e, in seguito al trasferimento della famiglia in Ohio sei anni dopo, iniziò a sviluppare un carattere chiuso, ma soprattutto a coltivare uno strano hobby: collezionare animali morti.
La situazione peggiorò: a 16 anni Jeffrey era un alcolista, ed iniziò ad eccitarsi spiando dei ragazzi che correvano vicino casa sua e immaginandoli morti.
Gli omicidi, la necrofilia e il cannibalismo

Rimasto solo in seguito al diploma e al divorzio dei genitori, Jeffrey, il cui alcolismo era peggiorato, uccise nel 1978 un giovane autostoppista, ne smembrò il corpo e lo seppellì nel bosco dietro casa.
L’instabilità economica lo costrinse a trasferirsi a casa della nonna a Miami Beach, dove iniziò a frequentare dei locali gay.
Qui ebbe luogo, nel 1987, l’omicidio di Steven Tuomi, col cui cadavere ebbe un rapporto sessuale. Con le stesse modalità, massacrò e abusò di altre due vittime.
Nel 1988 Jeffrey si trasferì a Milwaukee, dove adescò Somsak Sinthasomphone, di 13 anni, proponendogli denaro in cambio di un servizio fotografico. Il ragazzino lo denunciò e Dahmer fu accusato di violenza sessuale; in attesa del processo, tornò dalla nonna e uccise un altro ragazzo, abusandone post mortem.
Nel maggio del 1990 Dahmer si trasferì definitivamente a Milwaukee e in un anno uccise dodici ragazzi, senza mai destare alcun sospetto, neanche con la polizia.
Una notte, infatti, il piccolo Konerak Sinthasomphone (fratello minore di Somsak) scappò nudo e con un buco in testa, provocato da un trapano, da casa di Jeffrey. Due donne lo soccorsero e chiamarono la polizia, ma Dahmer dichiarò che il giovane non era altro che il suo fidanzato, scappato in seguito ad una banale lite. Poco importò che le due donne contattarono nuovamente la polizia per avvisare che il ragazzino non era più uscito di casa.
La cattura e la condanna

Finalmente nel 1991 Tracy Edwards riuscì a far arrestare Dahmer. Attirato nella casa, venne drogato, ammanettato e portato nella camera da letto: appese alle pareti, fotografie di cadaveri squartati, e un orribile odore proveniente da un barile. Colpì Jeffrey e riuscì a scappare, rivelando tutto alla polizia che, una volta giunta nell’appartamento, trovò resti umani nel frigorifero, nelle pentole e conservati in formaldeide.
Il processo di Jeffrey portò ad una condanna pesantissima: 957 anni di reclusione, in modo che, qualora avesse beneficiato di sconti di pena, non sarebbe comunque mai stato libero.
Nel 1994, comunque, Dahmer morì per mano di un altro ergastolano, Christopher Scarver.
Dahmer – Il cannibale di Milwaukee (Dahmer, 2002)
In questo film, interamente realizzato da David Jacobson e con Jeremy Renner nei panni di Dahmer, vediamo alternarsi continuamente due diverse fasi della vita di Jeffrey: quella in cui, 18enne, commise il suo primo omicidio, e quella in cui la sua follia era giunta ormai al culmine.
Il regista volle però anche mostrare il lato “umano” di Jeffrey, in seguito ad alcune dichiarazioni dopo il processo in cui sosteneva di non aver mai odiato nessuna delle sue vittime, ma di aver agito (nella maniera meno dolorosa possibile) soltanto per possedere un cadavere. Non viene inoltre fatto alcun riferimento al cannibalismo.
American Horror Story: Hotel (2015)
Seth Gabel interpreta Jeffrey Dahmer, anche lui presente insieme ad altri assassini americani all’ormai celeberrima cena organizzata da James March (Evan Peters).
Jeffrey è rappresentato come un giovane molto insicuro e oggetto di prese in giro riguardo la sua omosessualità, che prova appagamento (ed eccitazione) soltanto bucando con il trapano i crani dei malcapitati.
My Friend Dahmer (2017)
Presentato nel 2017 al Festival del Cinema di Roma ed interpretato da Ross Lynch (che abbiamo recentemente visto su Netflix nel ruolo di Harvey ne Le terrificanti avventure di Sabrina), il film è tratto dalla graphic novel omonima di Derf Backderf, che fu realmente un compagno di scuola di Jeffrey.
Ci si concentra più sull’origine e lo sviluppo dei suoi problemi piuttosto che sul primo omicidio. Ci viene così fornito un quadro più umano di Jeffrey, arrivando quasi ad empatizzare con un ragazzo solo che, probabilmente, aveva bisogno di essere ascoltato.