L’omaggio a Stan Lee, il fautore del grande successo della Marvel, la Casa delle Idee.
“Supereroi con superproblemi”
Un uomo. The Man. Due rivoluzioni copernicane. Stan Lee.
Lui, Stanley Martin Liber, classe 1922, figlio di due immigrati ebrei di origine romena. Accantonata l’idea di voler diventare un musicista (esiti fallimentari), si dedica ad un’altra cosa che gli riesce meglio: la scrittura. Sin da ragazzino entra a far parte del mondo dei fumetti.
Lo adocchia Martin Goodman per il quale Stan, inizialmente, lavora come addetto alle copie e scrittore di riempitivi (sua la pagina di testo firmata con lo pseudonimo di Stan Lee ed utilizzata come riempitivo di un numero di Captain America del 1941). L’azienda di Goodman è la Timely Comics, la futura Marvel Comics, la futura Casa delle Idee. Ben presto, all’età di 17 anni, diventa a tutti gli effetti sceneggiatore di fumetti. Uno dei più giovani editor di quel campo. Neanche la seconda guerra mondiale e l’arruolamento nell’esercito distoglieranno Stan dal mondo dei fumetti.
La prima Rivoluzione Copernicana
Tornato dalla guerra, però, il mondo del fumetto scivola nelle tenaglie restrittive del Comics Code, una regolamentazione interna piuttosto severa atta a rispondere alle accuse propugnate dalla campagna moralizzatrice (contro la violenza e la sessualità ambigua presente nei fumetti) portata avanti da psichiatri e senatori. Il mercato del fumetto entra in forte crisi per tutti gli Anni Cinquanta. Le sole testate fumettistiche a vendere copie continuano ad essere i soli Superman, Batman, Wonder Woman. E sul finire degli Anni Cinquanta, Stan Lee, insoddisfatto del proprio lavoro, riflette sull’idea di abbandonare il mondo fumettistico.
Ed è qui che parte la prima rivoluzione copernicana di cui Stan Lee è protagonista. Goodman, in risposta alla Justice League della DC, dà carta bianca a Stan Lee per creare un nuovo gruppo supereroistico. Nascono i Fantastici Quattro, una “famiglia” di supereroi. Non una lega della giustizia composta da personaggi austeri e perfetti, ma una famigliola dalle diverse capacità supereroistiche. Stan Lee, nella sua fervida immaginazione, punta a qualcosa di più umano.
Il Cambiamento
Stan inventa un macro-tema, un high concept che caratterizzerà molti, se non tutti i personaggi della Marvel. Supereroi con superproblemi. Prima di Lee, i supereroi erano personaggi idealmente perfetti senza problemi e senza difetti. Con Stan Lee, i supereroi sono personaggi dall’umanità sofferta, talvolta dal brutto temperamento, talvolta malinconici, talvolta addirittura vanitosi e avidi, che litigano fra di loro, preoccupati dai conti da pagare o dall’impressionare le loro ragazze.
Se, ironicamente, viene rappresentato come uno degli Osservatori, in una delle tante scene post-crediti de “I Guardiani Della Galassia Vol. 2“, Stan Lee, nella realtà, è stato un grande osservatore dell’animo umano. Campionato, sezionato, sviscerato, rielaborato. Rabbia (il Golia Verde Hulk), diversità (gli X-Men), responsabilità (la sua creatura più celebre, Spider-Man), questi sono alcuni elementi dell’animo umano che Lee ha rielaborato in chiave supereroistica, con la forza dell’immaginazione. Favoloso l’aneddoto relativo alla nascita dell’idea di Spider-Man:
Osservando una mosca che camminava sul muro ho pensato: non sarebbe bello se un essere umano potesse fare la stessa cosa? L’ho immaginato adolescente e con un sacco di problemi personali. Quando l’ho portato, eccitatissimo, all’editore, mi ha rimproverato: “Stan, i supereroi non hanno problemi personali!”. Come sbagliava…
Un nuovo intrattenimento ed un nuovo sistema
Già come sbagliava il suo editore. Stan Lee ed i suoi supereroi avevano catturato l’attenzione della generazione successiva alla seconda guerra mondiale. Gli Anni Sessanta sarebbero stati all’insegna di una ridefinizione del concetto di intrattenimento. Lee è stato per tutto quel periodo sceneggiatore, supervisore e direttore artistico per la maggior parte delle serie Marvel, moderava le pagine della posta, redigeva un redazionale mensile intitolato “Stan’s Soapbox” e scriveva innumerevoli articoli promozionali, firmandoli sempre con il suo caratteristico “Excelsior!“, il motto dello Stato di New York fino a quel momento, un grido di battaglia per tutti i true believers della Marvel da quel momento in poi.
Non solo Lee ridefiniva il concetto di intrattenimento, ma attuava un nuovo sistema, il Metodo Marvel, che sarebbe stato da quel momento una fonte d’ispirazione schematica e sistematica per qualsiasi casa fumettistica concorrente. Diventava sempre di più per la Marvel una figura di prestigio, un personaggio pubblico. Partecipava a riunioni, convegni, convention. Sperticati ed innumerevoli gli aneddoti. Un punto di riferimento per Rauschenberg e la Pop-Art (anche grazie alle tavole dei vari Ditko e Kirby), il leggendario incontro con Federico Fellini (presentato al Sorridente come un certo Fred Felony), l’amicizia con il cineasta francese Alain Resnais (i due erano molto vicini dal poter fare un film insieme con sceneggiatura dello stesso Stan), la diatriba con Steve Ditko e Jack Kirby, la sua continua vicinanza alle minoranze (quanto, già agli inizi degli Anni Sessanta, aveva capito dei futuri tumulti che ci sarebbero stati in America riguardo la questione razziale).
La Seconda Rivoluzione Copernicana
Dai milioni di lettori degli Anni Sessanta si passa ai miliardi di persone spettatori dei film tratti dalle sue creazioni. Questo però dopo un altro lungo e tortuoso percorso. E qui sta la seconda rivoluzione copernicana e ne è partecipe sempre lui, Stan Lee, anche nei progetti più infimi, più criticati, più osteggiati, di minor successo. Dal serial televisivo di Hulk con protagonisti Lou Ferrigno e Bill Bixby ad un possibile film di Spider-Man diretto da James Cameron. Gli Anni Novanta sono un nulla di fatto, degli amari bruciori allo stomaco. Non sono da escludere neppure gli inizi degli anni Duemila. Salvo la stupenda trilogia di Sam Raimi dedicata all’Uomo Ragno, nessun prodotto Marvel riesce veramente a brillare. Fino all’uscita di “Iron Man“, nel 2008. L’inizio di tutto.
Excelsior!
In questi ultimi 20 anni, Stan Lee ha fatto come agli inizi di quel periodo straordinario degli Anni Sessanta. Ha accettato con il sorriso inossidabile le difficoltà, i fallimenti, i primi successi, le peripezie ed infine i grandi successi come i clamorosi trionfi che stanno avendo in questo periodo i Marvel Studios. Mai un’intervista fuori posto, i suoi encomiabili cammeo e sempre vicinanza ad i mestieranti che si avvicinavano ai suoi personaggi per tradurli in chiave audiovisiva. D’altronde da un grande potere derivano grandi responsabilità e Stan ha applicato questo concetto in tutto se stesso per tutta la sua esistenza, mostrandoci un’umanità che non è mai stata un’identità segreta.
Mostrandoci un’umiltà impressionante, un’impeccabile tensione alla solidarietà, un’infinita gioia di vivere. I supereroi Marvel siamo noi ma allo stesso tempo sono lui. Lui, piccolo grande uomo, con quei baffi da far invidia persino a Tom Selleck, dalla vita quasi secolare, al quale va detto grazie per aver contribuito a far capire al mondo che intrattenere le persone è un’attività colma di nobiltà. Perché in quell’intrattenimento, c’era la voglia di far rendere i lettori delle persone migliori. Nonostante le angherie, le sofferenze, le ricadute, le disperazioni, che splendida, che favolosa corsa può essere la vita. E chi è che taglia il traguardo per primo? Ma ovviamente lui. Il Sorridente. L’insostituibile Stan Lee. EXCELSIOR!