Twice Upon a Time. Doctor Who nel segno del cambiamento.
La bellezza di Doctor Who risiede principalmente nel fatto di essere una serie che porta a riflettere, episodio dopo episodio, sulla natura dell’uomo, con i suoi difetti, le sue emozioni e le sue aspirazioni. Ecco quindi che nella puntata natalizia del 2017 (è tradizione consolidata dal 2005 quella di mandare in onda un episodio speciale il 25 dicembre) veniamo trasportati in un viaggio che ha come tema centrale ciò che possiamo definire la caratteristica per antonomasia della serie: il cambiamento.
Diversi addii, diversi Dottori
Tutti noi cambiamo nel corso della nostra vita, divenendo di volta in volta persone un po’ differenti da quello che eravamo in passato. E sappiamo che, prima o poi, saremo ancora diversi rispetto a quello che siamo adesso. Ebbene, Doctor Who rappresenta al meglio questo stato di cose. Non solo: la serie si erge a simbolo della nostra stessa vita, per mezzo della rigenerazione che coinvolge il protagonista ogni qualvolta si trovi in punto di morte.
Benché rimanga fondamentalmente lo stesso individuo, con gli stessi ideali e conservando tutti (o quasi) i propri ricordi, il passaggio da una forma fisica all’altra è stato vissuto in maniera molto sentita nelle stagioni della serie attuale (durante la serie classica il tutto era invece molto più attenuato). Un esempio? La tragedia del Decimo Dottore, che prossimo alla fine dichiara che per lui la rigenerazione sarà una vera e propria morte. Che la sua forma successiva sarà un uomo totalmente nuovo.
Decisamente in maniera più serena ha affrontato il momento dell’addio l’Undicesimo, consapevole che pur cambiando continuerà a essere il Dottore che è sempre stato. Il Dodicesimo, invece, vive un’esperienza completamente inedita… E spiazza tutti con la sua decisione di non rigenerarsi affatto e di lasciarsi morire, poiché è stanco di diventare qualcun altro.
C’era due volte…
Da questa premessa nasce Twice Upon a Time, episodio simbolo del cambiamento non solo per la storia raccontata, bensì anche per il fatto di rappresentare la fine di un’era nella produzione dello show: insieme a Peter Capaldi, magnifico interprete del Dottore, arriva al momento dell’addio anche Steven Moffat, showrunner della serie da sei stagioni e autore di alcune delle storie più memorabili anche sotto la direzione del suo predecessore, Russell T. Davies.
Ad aumentare la lista dei congedi da Doctor Who ci sono anche altri grandi nomi. Quello di Murray Gold, lo straordinario compositore della colonna sonora sin dall’ormai lontano 2005, e Mark Gatiss, sceneggiatore di alcuni episodi del Dottore e interprete in Twice Upon a Time di un personaggio che funge da collegamento fra la serie nuova e la serie classica: il Capitano coinvolto nella Tregua di Natale della Prima Guerra Mondiale, che con serafica dignità accetta di non sottrarsi alla morte stabilita per lui, altri non è che un avo del Brigadiere Lethbridge-Stewart, uno dei più importanti e ricordati compagni del protagonista durante il corso della serie classica.
Un’ultima avventura introspettiva
Twice Upon a Time ci parla di come si debba accettare il trascorrere del tempo senza paura di andargli incontro. Si tratta di un episodio assai particolare, molto distante dallo stile tipico moffattiano cosparso di paradossi e loop temporali. Il Dodicesimo Dottore ha già dato tutto dal punto di vista emotivo, fisico e narrativo nel corso delle sue stagioni, perciò questo episodio diventa una delicata ninna nanna che accompagna l’addio di Capaldi alla serie. Addirittura, manca un nemico contro cui combattere. Il protagonista si ritrova a vivere esclusivamente un’avventura introspettiva, dove lo specchiarsi dentro il proprio animo si tramuta in un confronto in carne e ossa con se stesso.
Infatti, sebbene basti l’abbandono di Capaldi per rendere questo episodio uno dei più memorabili della serie, Moffat riesce a regalare un secondo motivo attraverso il quale far diventare imprescindibile la sacralità della storia: il ritorno nella serie del Primo Dottore.
Il ritorno più sentito
È passato più di mezzo secolo da quando William Hartnell diete vita all’iconico personaggio della televisione britannica; a distanza di tanti decenni David Bradley ha avuto l’onore di ricoprire il medesimo ruolo nella stessa specifica incarnazione, riuscendo a far rivivere sullo schermo il compianto Hartnell. E donando così anche alla nuova generazione di whovian il proprio Dottore originale. Le interazioni fra i due Dottori, il Primo e il Dodicesimo, diventano molto spassose nei momenti più ironici e divertenti, ma anche profondamente toccanti quando il personaggio si ritrova a fare i conti con la propria anima e il proprio destino.
Il TARDIS di Capaldi è venuto a conoscenza del desiderio del Dodicesimo di abbandonare il mondo. Di conseguenza, decide di portarlo nel punto preciso del tempo-spazio in grado di far comprendere al suo occupante la cosa giusta da fare. Ecco che il Dottore incontra la più giovane versione di se stesso alle prese con il medesimo problema, vedendosi portato a scavare nel proprio io per accogliere il futuro con una maggiore consapevolezza del passato. Il tempo stesso si ferma di fronte alla medesima persona che per due volte nello stesso luogo e nello stesso momento si rifiuta di continuare a vivere. Il Dodicesimo è stanco: stanco di vivere, stanco di lottare, stanco di perdere ciò che ama; è questa stanchezza che lo porta a desiderare di morire.
Ricordi indimenticabili
Ma il motivo del rifiuto della rigenerazione da parte del Primo Dottore è, se possibile, ancora più interessante. Egli è sempre stato se stesso in tutto e per tutto e non ha ancora mai affrontato il processo rigenerativo tipico dei Signori del Tempo, e così è spaventato al pensiero di seguire ciò che per la sua razza è la prassi poiché ha timore di ciò che diventerà nel futuro. Nel momento in cui gli vengono mostrate le sue future incarnazioni, resta impietrito nel vedere la differenza fra ciò che è e ciò che sarà. Il gran rifiuto del Primo è un qualcosa che avvicina il personaggio alla dimensione umana. Non si tratta di un grandioso alieno protettore delle leggi del tempo, bensì di un semplice individuo smarrito di fronte all’infinito percorso che lo attende. Il cambiamento può fare paura persino a un Signore del Tempo, che di cambiamento dovrebbe vivere.
A venire in soccorso del Dottore sono i suoi ricordi. Ricordi impersonati per tutto l’episodio da Bill, l’ultima compagna in ordine temporale, e nel finale anche da Nardole e dall’amata Clara. L’apparizione di quest’ultima è oltremodo significativa. Il Dottore aveva infatti perso i ricordi di lei nel finale della nona stagione e, quindi, il recuperarli pochi momenti prima della rigenerazione permette al protagonista di acquistare la serenità determinante per lasciarsi andare ad un nuovo giro di vita. I ricordi, proprio quello che nel momento del cambiamento mantengono vivo tutto ciò che siamo stati.
Addio al presente, benvenuto al futuro
Il monologo finale del Dodicesimo, con l’ultima frase “Doctor, I let you go” che fa da contraltare perfetto all’iconico “I don’t wanna go” del Decimo, raccoglie tutta l’emozione di Capaldi nell’interpretare il ruolo che sognava sin da bambino. L’espressione del Dottore nel momento esatto in cui dichiara di aver cambiato idea e di concedersi un’altra rigenerazione sarà qualcosa di memorabile; così come altrettanto memorabile sarà la sua espressione di sorpresa e gioia nell’istante in cui scopre a cosa l’abbia portato il nuovo processo rigenerativo, vale a dire diventare una donna.
Una sorta di premio, se pensiamo che nell’episodio precedente The Doctor Falls il personaggio stesso auspicava un mondo affidato alla guida del genere femminile. Quando nel 1966 Hartnell lasciò il posto al Secondo Dottore di Patrick Troughton, sancendo il primo cambiamento epocale dello show, forse non ci si aspettava ancora che dopo mezzo secolo il cambiamento sarebbe diventato ancora più drastico. Jodie Whittaker, il Tredicesimo Dottore, si assume l’onore di portare Doctor Who in un’altra era; e ciò sottolinea come la voglia di trasformarsi della serie non sia mai abbastanza.
Commento finale:
Twice Upon a Time sarà sempre ricordato come l’episodio che ha unito il più grande ritorno alle origini, con la presenza del Primo Dottore, al più grande cambiamento (della serie nuova, se non altro), con l’introduzione del Dottore donna. Senza mai dimenticare che in mezzo ci passa la struggente separazione dal Dottore di Peter Capaldi.
C’era due volte un uomo, lo stesso uomo, che decise di farla finita. Ma poi accettò di sacrificare le proprie preoccupazioni per il bene dell’universo. Nonché del suo pubblico.