In occasione della versione di Branagh de “Assassinio sull’Orient Express”, Ettore Dalla Zanna ripercorre i vari Hercule Poirot della storia del cinema e della televisione.

Poirot

Alto più di un metro e sessanta, grassoccio, testa simile ad un uovo, labbra incorniciate da baffi alla militare arricciati sulla punta, dei quali ha molta cura, tanto da portare in tasca uno specchietto per poterseli ritoccare. Figura grottesca all’apparenza ma, in realtà, calma, riflessiva, precisa e perspicace. Come investigatore ha un fiuto straordinario e riesce a risolvere i casi più intricati. Ha un sistema di indagine che rispecchia la sua personalità: ordine, metodo e “celluline grigie”. Mai dargli del francese, egli è fiero di essere belga. Hercule Poirot. La figura letteraria meglio uscita dalla penna della mitologica autrice britannica Agatha Christie.

Poirot, come Sherlock Holmes ed altri investigatori della letteratura, è stato soggetto a molteplici adattamenti dei romanzi in cui è protagonista. Teatrali ma soprattutto cinematografici. Molti attori si sono destreggiati ad interpretare il detective belga ed in occasione dell’uscita del nuovo adattamento de “Assassinio Sull’Orient Express” diretto da Kenneth Branagh, è doveroso ripercorrere i Poirot cinematografici e televisivi, quantomeno i più importanti.

I Vari Poirot

Poirot

Il primo ad interpretare Poirot è stato Austin Trevor il quale ha interpretato il detective belga per ben tre volte dal 1931 al 1934, con ben tre adattamenti: “Alibi”, “Black Coffee”, “Lord Edgware Dies”. Dopo di lui, in ordine cronologico, Francis L. Sullivan nel 1937, Heini Göbel nel 1955, Martin Gabel nel 1962. Di Poirot minori (ma alcuni incredibilmente efficaci anche nella mimica) va segnalato quello di Joan Borràs della serie “Novel-la” e il russo Anatoliy Ravikovich nel film televisivo del 1989 che adattava il romanzo “Il pericolo senza nome”. Il Poirot più vicino alla fisionomia a quello di David Suchet. Guarda caso il film televisivo del 1989 uscì nella stessa annata d’inizio della serie targata ITV con il detective belga protagonista.

Tony Randall

Poirot

A Tony Randall sarebbe piaciuto essere quello che è stata Margaret Rutherford nel ruolo di Miss Marple (altra detective creata dalla Christie), ovvero essere accostato a Poirot ed essere considerato un’icona. Purtroppo “Poirot e il Caso Amanda”, tratto dal romanzo “La Serie Infernale”, è un singolo film rimasto senza seguiti. Più rosa che giallo, più melò che mistero. Sommariamente, il film è un pretesto per mettere insieme un gran cast e farlo divertire a gigioneggiare sullo schermo. L’intento di questa commedia gialla riesce ed il divertimento non manca grazie anche ad alcuni siparietti notevoli.

Il Poirot di Tony Randall è molto british style, ricco di verve comica, con un’accezione quasi supereroisitica, eppure la regia di Tashlin pecca nel puntare eccessivamente alla farsa. Piccolo grande particolare che può solluccherare i più a vedere questa pellicola: Anita Ekberg nel ruolo della sfidante di Hercule Poirot. Ed in questa sfida eccentrica, Poirot ha voglia di entrare nella mente del personaggio della Ekberg, e non solo nella mente.

Albert Finney

Poirot

Si può fare un mezzo capolavoro con un protagonista semplicemente insopportabile? Certo. Esiste questo film? Ovviamente, è l’adattamento cinematografico del 1974 di Sidney Lumet del romanzo, capolavoro assoluto della Christie assieme a “Dieci Piccoli Indiani”, “Assassinio sull’Orient Express”. Sontuoso, mastodontico film con un super cast da lacrime di diamanti (da Sean Connery a Ingrid Bergman, da Lauren Bacall ad Anthony Perkins, da Vanessa Redgrave a Martin Balsam, chi più ne ha, più ne metta insomma).

Il film di Lumet vive della regia e dei particolarismi di quest’ultimo, di scenografie e costumi di un grande Tony Walton, di una fotografia di Unsworth da analisi approfondita e ben studiata, di un ottimo script non originale ed ovviamente di grandi interpretazioni. Sarebbe tutto perfetto… se non ci fosse il Poirot di Albert Finney. Folle, affetto da un grave disturbo bipolare, ossessivo compulsivo, grottesco all’inverosimile. Il Poirot di Albert Finney è mortalmente insopportabile dall’inizio alla fine del film. Il suo sarcasmo non va mai a segno, la freddezza del detective belga è stata sostituita da una bonarietà farneticante. Ed oltretutto, nella parte finale, Finney carica così tanto l’interpretazione che rimpiangi la morte del criminale Ratchett e vorresti la morte di Poirot. Per fortuna, intorno a questo protagonista insopportabile, c’è un grande film.

Peter Ustinov

Poirot

Il Poirot di Peter Ustinov lo apprezzi dai particolari. Fisicamente, un mix tra Nereo Rocco e lo zio Vernon della saga di Harry Potter interpretato da Richard Griffiths. Del primo, curiosamente, ha qualcosa che riguarda prevalentemente la verve comica e le frasi ad effetto. Tralasciando i claudicanti film televisivi del periodo 1985-1986 e l’ultimo pessimo film del 1988, “Appuntamento con la morte”, bisogna soffermarsi maggiormente sul dittico di Ustinov “Assassinio sul Nilo” del 1978 e “Delitto sotto il sole” del 1982. Nel primo caso, si vuole rifare un’esperienza audiovisiva simile a quella del 1974.

Super cast (David Niven, Bette Davis, Mia Farrow, Angela Lansbury), grandi nomi nello staff tecnico (Nino Rota alle musiche, Anthony Shaffer allo script). Il risultato è inferiore al film di Lumet ma pur sempre apprezzabile. Poirot è sorretto ed interpretato da un signor attore il quale in questo e nel film successivo regala un’ottima interpretazione. Fa dei giochi con i baffi simile al passaggio del pollice sopra le labbra che era solito fare Humphrey Bogart, ha una conoscenza veramente enciclopedica a differenza delle precedenti versioni. È eccentrico ed è giusto che lo sia. È molto affabile, anche con addosso un costume da bagno decisamente orribile in “Delitto sotto il sole”.

Alfred Molina

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Il Poirot di Alfred Molina compare in una terrificante trasposizione televisiva, ambientata ai giorni nostri, de “Assassinio sull’Orient Express”. Un film alquanto fiacco, privo di qualunque interesse, breve e senza brio, spoglio dell’ironia di Agatha Christie, privo di spunti di carattere e Alfred Molina stravolge il personaggio di Poirot (ahimè negativamente), da sarcastico e freddo detective belga a suadente dongiovanni spagnolo con baffetti alla Ron Jeremy d’antan. Per carità divina!

David Suchet

Poirot

Ventiquattro anni. Ventiquattro anni di serie televisiva, nelle vesti di un personaggio. Il Poirot di David Suchet sembra un Poirot uscito seriamente fuori dai romanzi di Agatha Christie e che vive in mezzo a noi. Suchet ha avuto molto tempo (ma già nei primi film ed episodi della serie si può comprenderne il talento) per costruire una mitologia attorno a sé ed attorno alla figura di Poirot. La sua versione del detective belga è perfettamente in equilibrio tra freddezza, sarcasmo, affabilità e utilizzo di “cellulite grigie”. Poirot si lamenta di essere dato del francese, di essere definito “rospo” (“Il rospo sa perfettamente che lei è l’assassino, monsieur” è una delle frasi più badass di sempre), si commuove ma cerca di nasconderlo, si lamenta dell’inefficacia della polizia ma è un fermo sostenitore della Giustizia (“La Giustizia, qualche volta, può turbare”).

Si innamora ma rimane sempre fermo nella sua perspicacia ed onestà intellettuale. Il Poirot di David Suchet ha definito un’epoca, ha scritto la storia della televisione inserendosi ai livelli dei più grandi investigatori televisivi e non solo. Ma che belli i dialoghi tra lui ed Hastings (un grande Hugh Fraser come interprete). Ma che meraviglia i duetti verbali tra Suchet e J.J. Feild, o con Tim Curry ne “La domatrice” o quello con Jessica Chastain in una trasposizione televisiva de “Assassinio sull’Orient Express” che ha la forza e le capacità di osare e che si permette di stravolgere un po’ il romanzo della Christie. Per non parlare poi dell’episodio finale della serie “Sipario”, tratto ovviamente dall’ultimo romanzo con protagonista Poirot.

Decadente, ricolmo di malinconia. Si ritorna da dove si era cominciato, a Styles Court. Ma i tempi sono cambiati, Hastings è cambiato, Poirot è cambiato e meta-televisivamente, la serie televisiva in generale è cambiata. Quella iconica firma e quello sguardo finale, che ha caratterizzato ventiquattro anni di serie, vengono consegnati alla storia della televisione. Una televisione che non esiste più ma che è doveroso ricordare e trarne insegnamento. Qualunque esso sia. Nel ricordo non solo di una serie ma di un attore, David Suchet, interprete di un grande personaggio. Hercule Poirot.

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